sabato 4 novembre 2017

Primo centenario della rivoluzione d'ottobre


Introduzione

Gli storici Russi della Rivoluzione Francese erano personaggi singolari, un piede in Francia e un altro nel loro paese. Mi ero laureata con il prof. Federico Chabod sulla questione contadina vista da Kareev,  Kovalevski e Lucitski. Ma continuai a occuparmi dell’argomento e mi imbattei in un caso singolare: quello dello storico Lukin, direttore della rivista Istorik Marxist che fu costretta da Stalin a chiudere i battenti nel 1939.

Il motivo? Avevano osato trattare l’argomento del Termidoro nella Rivoluzione Francese. Tutta la redazione era finita in Siberia, e Lukin era morto di stenti.
Per il Termidoro? Un problema vecchio di due secoli? Non si trattava di un argomento accademico come io credevo. Tutt’altro. Il Termidoro era un tema scottante di natura politica, un termine largamente usato nella pubblicistica Sovietica, fin dal 1921. I primi a servirsene, con riferimento alla Rivoluzione di Ottobre, erano stati i menscevichi.
Era stato Jurij Martov nel suo saggio “Il bolscevismo Mondiale” a denunciare le illusioni di Lenin, che, dopo la distruzione dello stato Tzarista, aveva auspicato per il nuovo Stato nato dalla Rivoluzione, l’elegibilità e la revocabilità dei funzionari di partito, grazie alle funzioni di controllo e di sorveglianza da parte dei cittadini. Invece la vecchia polizia Tzarista non era stata soppressa, l’elegibilità dei burocrati non istaurata, la normativa sul lavoro di 48 ore alla settimana era stata violata, e i cottimi erano diventati la regola per una maggiore produttività. E quando il Soviet di Kronstadt chiese nel febbraio 1921 la fine delle requisizioni ai contadini, la libertà sindacale, quella di stampa e la liberazione dei prigionieri politici, proclamando lo sciopero generale degli operai e dei ferrovieri, in occasione della rivolta dei Marinai, i bolsceviki li avevano accusati di sabotaggio.  Ed era stato allora Martov per primo a parlare di Termidoro. A Kronstadt sia Lenin che Trotzki, capo dell'Armata Rossa, diedero ordine di arrendersi, senza successo. Quindi ambedue decisero di reprimere la rivolta, e diedero l'ordine di sparare, malgrado fosse totalmente contraria l'associazione "Opposizione Operaia", guidata da Scliapnikov e dalla sua Alessandra Kollontaii, leader femminista di grande spessore, schierata dalla parte dei lavoratori. - No, alla libertà di critica - aveva detto invece Lenin. - La rivolta a Kronstadt era una manifestazione di anarco-sindacalismo.-
Fu così che gli apparatciki  di partito, pur non avendo la proprietà giuridica dei mezzi di produzione, conquistarono però il potere di fissare i prezzi di vendita dei prodotti, a un livello molto più alto che non i salari, più elevati dei costi dei materiali, a detrimento degli  operai e di tutti i lavoratori nella fabbrica.
Era l'avvento della nuova classe al potere, che doveva vivere per anni del furto del plus valore -e questo stato di cose si era affermato grazie a delazioni, arresti notturni, esecuzioni di massa e sparizione delle persone.
(Stalin, a quell'epoca, faceva tenere alla poetessa Marina TzvetQieva il registro dei fucilati, nel palazzo che era stato dei Rostov, (quello di Natascia)...come lei stessa racconta nel libro autobiografico "Indizi  terrestri”.
Viktor Serge aveva tracciato un parallelo fra i comitati giacobini del 1792 e i comitati sorti in Russia nel 1918. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo restava invariato: ma Io scenario apparente era quello di una grande mutazione. Pericolo di un Termidoro? Si, è vero, ma non ci lasceremo ghigliottinare. Il Termidoro lo faremo noi ! — aveva concluso Lenin : Giacobini e Terrnidoriani, dunque.
C'erano stati 2 attentati, uno a lui, che era stato ferito, e un altro a Trotzki, fallito.
Così venne deciso di uccidere lo tzar e tutta la famiglia, senza processo e in gran segreto.
Lenin  aveva paura di finire come suo fratello: impiccato.
II terrore non era che all'inizio.
Dopo la vittoria militare dell'Annata rossa Sull'esercito di Vrangel, le persecuzioni erano continuate, con glii anarchici e con i socialisti- rivoluzionari, difensori dei contadini, particolarmente angustiati dalle requisizioni.
Nel 1922 cominciò quindi la diaspora: tutti fugirono in esilio a Berlino, mentre in Russia negli anni successivi venivano man mano eliminati gli stessi bolscevichi, prima quelli di sinistra, poi quelli di destra.
- Era stata una grande disgrazia - aveva detto Lenin - che l'onore di attuare la prima rivoluzione socialista fosse toccato al paese più arretrato d' Europa — Molto lucido: una disgrazia!
Più tardi, doveva essere proprio Trotski a riprendere l'argomento del Termidoro, malgrado avesse avuto responsabilità dirette nella repressione a Kronstadt, e avesse appoggiato la persecuzione dei mensceviki, ancora nel 1927, al suo ritorno da Alma Ata.


Questa volta la polemica era esplicita e durissima, ed era Stalin, segretario del partito dal 1923 ad essere sotto accusa.

Lucidissimo Trotski si era chiesto, fin dal 1929: I risultati dell'Ottobre, erano una vera rottura o in continuità col passato? Soprattutto lo inquietava la situazione delle campagne, in netta regressione.
Contestava le statistiche agiografiche e menzognere avallate dai burocrati. La nazionalizzazione delle terre — diceva - non era una condizione di per se sufficiente per la prosperità della campagna. la cosa importante era che le terre fossero produttive e redditizie per il contadino, che consentissero di vivere!.. (Eterno problema). Ora non c'erano investimenti, e il contadino stava pagando duramente il prezzo del divario tra i prodotti industriali della città, molto costosi, e i prodotti della campagna, che venivano svenduti sul mercato intemo, senza riuscire a diventare competitivi su quello estero. Ecco perché a 12 anni dalla Rivoluzione i contadini, che pure erano stati favorevoli ai Bolscevichi nel 1917, avversavano ora, poveri o ricchi che fossero, i burocrati comunisti.
Europa contro Asia. Evidente la differenza fra un intellettuale capace di utilizzare strumenti di analisi economica e un vecchio seminarista, campione di giaculatorie.
Per me quel libro di scritti di Trotski, editi a Parigi dalla IV Internazionale, e poi tradotti da Livio Maitan per Einaudi, fu una rivelazione.
Uscivo da studi accademici per entrare nel vivo di fatti, meccanismi e comportamenti politici, all'ordine della deviazione Staliniana, restauratrice del passato.
Come diceva lo storico cecoslovacco Masaryk, si era tornati allo tsarismo dei tempi di Ivan il Terribile.
Che ci fosse stata una continuità fra la politica economica e finanziaria tzarista e quella di Stalin era evidente, poiché il capitalismo di stato era nato ed era stato bene sviluppato dal Ministro De Witte. Stalin, aveva deciso di accelerare il processo di industrializzazione con il primo piano quinquennale, servendosi, come aveva fatto lo zar, di quadri e tecnici stranieri, per costruire un'economia autarchica, indipendente.
L'obiettivo era la produttività, come al tempo degli Tsar, con orari di lavoro assolutamente massacranti per gli operai. L'autoritarismo e lo sciovinismo si alternarono negli anni Trenta e fecero parte integrante della sua teoria del socialismo in un solo paese, che, non a caso, avrebbe avuto più tardi il consenso generale anche degli emigrati di destra. Lo Tsar era stato ucciso, ma lo tsarismo invece no.
Aveva ragione Toqueville: una rivoluzione accelera sempre i processi.
La contemporaneità riprendeva con prepotenza i suoi diritti, e la storiografia della Rivoluzione francese, con la fine di Lukin e della sua rivista, contribuiva a raccontare il perché.

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