lunedì 2 aprile 2012

Tasse giuste , se no crack…. Ma chi deve pagare di più?

Il premier ha tutto il diritto di  spacciare il suo governo  per il migliore  fra quelli  possibili,  se non l’unico, ma ai cittadini, dopo le sue  ultime decisioni, resta il diritto di dubitarne.

I dubbi riguardano:
a)      La liberalizzazione del mercato del lavoro, con il diritto di licenziare per motivi economici, risarcendo con un indennizzo.
La ristrutturazione dell’articolo 18  è stata avallata come il miglior incentivo per  gli stranieri a venire a investire in  Italia.
Ne siamo sicuri? In realtà    di motivi per scoraggiare gli investimenti nel nostro paese ce ne sono, e  ben altri:
1) la giustizia civile è rimasta lenta, per la scarsità degli organici  giudiziari e  amministrativi.
2) l’energia è troppo cara, (le tariffe elettriche  e gas sono le più care d’Europa e sono destinate ad aumentare).
3) la mancanza di infrastrutture , soprattutto  di  un’efficiente  rete ferroviaria

Sappiamo tutti poi che il bilancio di un’azienda è la sua migliore carta di identità: in Italia è stato depenalizzato il falso in bilancio, e,  grazie alla legge  è stato reso possibile l’occultamento di fondi neri per evadere il fisco o anche  per corrompere funzionari pubblici e privati.
 Ne hanno approfittato tutti: imprese grandi, piccole, e piccolissime, comprese alcune coop.
Siamo sicuri che una’impresa europea voglia venire ad  investire nel nostro paese, sapendo che  troverà concorrenza sleale da parte di quelle italiane, grazie a quella  legge,  unica in Europa?
Lo dico pensando al brillante passato di Mario Monti, un grande militante per la libera concorrenza quando era commissario europeo.
Sarebbe il momento della coerenza, tra passato e presente.
Forse in Oriente potremmo avere più fortuna con i cinesi: potrebbero venire volentieri, licenziare più facilmente, e forse potrebbero invocare anche loro il diritto di falsare i bilanci,  per avere  pari opportunità….Risultato:  potremmo avere anche la criminalità organizzata con gli occhi a mandorla a fare la stessa cosa di quella nazionale. . (Se non mi sbaglio a Prato c’è già stato qualche esempio).
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La cosa inquietante  di questo periodo sono i suicidi:  di operai rimasti da 4 mesi senza stipendio,  ma anche di piccoli imprenditori a cui le banche hanno negato il credito, con  la pubblica amministrazione  in ritardo di anni  con i suoi pagamenti, quindi  non sono stati più  in grado di onorare i loro impegni. Già hanno dovuto chiudere 12.000 piccole imprese, e 50.000 operai sono sul lastrico.
 Come li vogliamo chiamare : suicidi o piuttosto omicidi  da parte di managers  irresponsabili,  alla testa delle banche, che però possono  contare su laute ricompense alla fine del mese. O da parte di politici,  a lungo assenti al Ministero delle Attività produttive, incaricati soprattutto di curare gli interessi mediatici del Califfo  mentre  latitava  la politica industriale a  favore delle p.m.i..

II°  Sappiamo che il Premier di ritorno dall’Oriente dovrebbe trovare sul tavolo una bozza di modifica rispetto al documento originario della riforma del lavoro  sul  problema dell’art.18.
Il giudice  dovrebbe accertare se il motivo economico del licenziamento  non ne mascheri altri, (discriminatorio o disciplinare) per poter imporre all’azienda il reintegro. Il problema è sapere se la perdita del lavoro è monetizzabile o se tocca l’essenza sociale della persona, ed esige una misura riabilitativa: il reintegro del lavoratore.
 Si porrà immediatamente la necessità di un incremento degli organici: la magistratura, già molto oberata, si troverà  di fronte a una massa enorme di contenzioso, visto che la crisi economica si aggraverà. La Marcegaglia vuole allora una modifica del disegno anche sulla flessibilità in entrata, se  dovesse passare la possibilità di reintegro nella flessibilità in uscita.
 Mi auguro che il Pd non baratti con il Pdl una soluzione per l’art.18 contro serie misure per la legge anti-corruzione e  anti-evasione.
 A questo punto occorrerebbe  una sanzione penale severa, come negli Stati Uniti, oltreché la confisca dei beni.
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 III° ) La prospettiva di un  crack alla greca aveva già indotto nel novembre scorso  la Ministra Fornero  a mettere  in campo  una riforma delle pensioni  che ha lasciato senza pensione e senza stipendio 350.000 esodati : ha avuto ora  il merito di aver  ricompattato  il fronte sindacale che su questo gravissimo problema ha ritrovato unità di vedute. Ma il sottosegretario all’economia  Polillo ha proposto che le industrie  possano reintegrare gli esodati, visto che le condizioni sono cambiate.Il problema resta la crisi. Scaricare tutto sulle imprese sembra difficile. La Fornero ha già detto no.
Accusata di cattiveria per alcune frasi infelici, (Non siamo qui per distribuire caramelle), ha replicato di essere, malgrado il suo statuto di tecnica, “molto buona e di avere un cuore :  la Gabanelli a Report  ha accertato che   la sua pensione a 70 anni sarà fondata sul vecchio sistema retributivo, (da lei definito un assoluto privilegio da abbattere!)  Domanda: per  chi? Naturalmente per i lavoratori con 1300 euro di stipendio mensile, che ora dovranno andare in pensione più tardi, grazie al sistema contributivo, salvo aver perduto anche lo stipendio per un preciso  accordo con il datore di lavoro, interessato a cacciare gli anziani e ad assumere giovani  con contratti a termine e a minor costo.
La Fornero buona? Manco al forno con le patate, visto che non rinunzia al sistema da privilegiati da lei bocciato: evviva la coerenza!
Elsa la Tosta, dice con ammirazione  Denise Pardo sull’Espresso… Per fortuna Susanna è più tosta di lei. Infatti ha  negato il potere salvifico della riforma del lavoro, che, data la crisi,  non serve certo  a creare nuovi  posti.  Secondo l’Istat la disoccupazione ha toccato il record del 9%. Occorre ben altro.
A dire il vero anche l’Aspi, l’Assicurazione sociale per l’impiego, creata soprattutto  a tutela dei giovani, sarà un beneficio per pochi perché occorrono un certo numero di anni e di contributi per poterne usufruire. E nella situazione attuale rischia di restare un sogno per molti.

 IV° ) Le tasse: si è vero, sono necessarie, soprattutto in cambio  dei servizi.  Ma il problema  è : chi ne deve pagare di più?

Lo spread non ha smesso di aumentare, dopo la breve pausa dovuta all’intervento del  super Mario Draghi, grazie al  il fiume di miliardi inondato dalla BCE, consentendo alle banche  di comprare i titoli di stato. Ora“i mercati”, cioè gli speculatori della finanza, sono rimasti  attivissimi, tornando a far crescere lo Spread, minacciando  di nuovo  politicamente  di  farci finire come Atene… Naturalmente fino a oggi nessun governo, né negli Stati Uniti né in Europa  ha messo un freno  e  regole certe per cambiare  un clima finanziario  da giungla.
I cds continuano a intossicare in libertà tutti gli istituti di credito, come è già accaduto in Grecia.
Il premier ne ha subito approfittato per intervenire: O tasse o crack come Atene…Già, ma chi deve  pagare di più?  
Dopo il decreto Salva  Italia con i pensionandi , ora il disastro  tocca  anche ai pensionati  con 26.000 euro di reddito annuo,che a marzo hanno visto la loro  busta più leggera, mentre le tariffe delle bollette sono smisuratamente cresciute..  
E a parlare di grande patrimoniale per una tassazione progressiva e proporzionata  il   governo non ci pensa proprio. Eppure, secondo Banca Italia,  10 ricconi italiani hanno il reddito di 3 milioni  di poveri…  Sulla Stampa di oggi, 2 aprile ci sono tutti  i nomi e le foto. Se il Premier provasse a colpire li per abbassare le tasse a chi ha di meno, e portarle dal 23% al 20%?
In compenso il Ministro Passera ha ricominciato a parlare del Credith crunch, che frena lo sviluppo, e  dello scandalo evasione fiscale, dopo  la scoperta che alcuni imprenditori hanno denunciato redditi inferiori a quelli dei lavoratori dipendenti. Ha parlato di sanzioni sociali, certo,  ma occorrerebbero quelle penali, come negli Usa.

 V°  Politica industriale  per la crescita

Forse è stata una follia aver inserito nella Costituzione il fiscal compact perché sarà quello a condannarci al default, con un debito pubblico a 2000 miliardi di euro,  e con un’economia in piena recessione, e  un pil  ai minimi. 

 La seconda follia è  non aver già messo in atto  una politica industriale per lo sviluppo, in particolare quella sull’energia pulita,  capace di  aiutare seriamente  la piccola e media impresa, di bloccare la disoccupazione in aumento, e creare nuovi posti di lavoro.
Ricordiamo a questo proposito  un articolo di Antonio Cianciullo su Repubblica, nel quale  si evidenzia  una ricerca condotta dall'Osservatorio internazionale sull'industria e la finanza delle rinnovabili,  presieduto da Andrea Gilardoni, dell'università Bocconi, con il supporto di Anev, Aper ed Enel Green Power.
Hanno misurato i seguenti dati:
a)   un beneficio  economico netto,  pari a 76 miliardi di euro (più di una Finanziaria pesante).
b)   Un aumento dell'occupazione misurabile in 130 mila posti di lavoro (23 volte i dipendenti della Mirafiori). Una crescita della capacità di export di 3 miliardi di euro l'anno (un decimo di tutto l'export agroalimentare).
c)     Una diminuzione della dipendenza del Paese equivalente a 13 miliardi di metri cubi di gas l'anno (ben più degli 8 miliardi di metri cubi estratti attualmente in Italia).
Sono i benefici che si possono ottenere evitando di strangolare la crescita delle fonti rinnovabili in Italia.
                            
I dati sono stati calcolati mettendo a fuoco i benefici che sono stati effettivamente prodotti nel periodo 2008  -  2011 e proiettandoli al 2030.
L'analisi parte dal riconoscimento di una serie di errori compiuti nel settore:
1) peso eccessivo degli oneri autorizzativi, inefficace controllo sugli incentivi, normativa incostante.
2)  difficoltà oggettive: crisi economica, sovrapproduzione del sistema elettrico,
3)difficoltà di adattamento della rete al nuovo assetto della generazione distribuita dell'energia
(oggi non ci sono più solo poche grandi centrali ma oltre 400 mila punti di produzione elettrica pagati dalle famiglie, dagli artigiani e dalle piccole imprese)

Ma: nonostante queste difficoltà il settore è in grado di decollare. Lo studio analizza ad esempio il caso del fotovoltaico. Oggi per incentivare 13 gigawatt di capacità installata sono impegnati 5,6 miliardi di euro l'anno. Con altri 1,4 miliardi (più 25%) la capacità produttiva crescerà dell'80% al 2016 e raggiungerà poi, senza ulteriori incentivi, i 30 gigawatt nel 2020.
E' uno sviluppo in linea con le prospettive globali, caratterizzate da una rapida crescita del settore: nel 2011 gli investimenti globali per le rinnovabili hanno superato i 240 miliardi di euro. Un mercato in cui l'Italia ha cominciato a inserirsi con una certa efficacia negli ultimi 4  -  5  anni utilizzando capacità nel settore della meccatronica e della ricerca avanzata (ad esempio i brevetti di Rubbia e Angelantoni per il solare termodinamico).

Oggi Cianciullo è tornato sull’argomento, intervistando il Ministro dell’ambiente Clini,  il quale ha detto:
"Chi ha in mente una strategia volta a tagliare le rinnovabili  (ed è quello che fa l’Autorità per l’Energia), non tiene conto di tre fattori fondamentali:
a) le direttive europee che dobbiamo rispettare pena sanzioni;
 b) l'orientamento del mercato internazionale che nel 2011 ha investito nelle rinnovabili 260 miliardi di dollari;
c) i benefici che derivano alle casse pubbliche proprio dallo sviluppo dell'energia pulita.
Non si possono sottolineare i costi delle rinnovabili e ignorare i vantaggi in termini di incremento del prodotto lordo e  di  maggior introito fiscale.
 Inoltre il disavanzo per l'acquisto di combustibili è  sempre più alto: ha superato i 60 miliardi di euro l'anno e tende a crescere. Si tratta di una cifra analoga a quella che paghiamo per gli interessi sul debito.Mi sembra che  Passera  e Clini dovrebbero collaborare di più. Se no dov’è la collegialità del governo, tanto conclamata?
Ora si stanno mettendo d’accordo per diminuire l’entità degli incentivi al fotovoltaico, per  adeguarli al  costo  attuale, oggi  notevolmente inferiore rispetto al passato. Ma forse non basta.
 Bisognerebbe chiedere all’Eni di finanziare la green economy. In Francia lo fa la Totale negli Usa alcuni petrolieri texani: money is money.
Non c’è dubbio che un’altra  politica energetica   sia  un  modo di fare ciò che ci ha da tempo chiesto l’Europa, pena multe importanti.
 Una cosa ben diversa  dalla manomissione dell’art.18, richiesta dal Min.Sacconi  per isolare la CGIL, e da Berlusconi, fin dal 2001, senza successo,  fino a confluire  nella lettera della BCE.

VI°  Resta poi in evidenza la riforma della giustizia cominciando da una seria legge anti-corruzione,
 per la quale valgono tutti i consigli del P.M. Francesco Greco, già segnalati su questo blog.
 La priorità  è  la ri-penalizzazione del falso in bilancio,  con  la cancellazione della  legge ad personam voluta da Berlusconi, insieme ai tempi della prescrizione, da allungare, per consentire la conclusione dei processi. Con accresciute sanzioni penali ed economiche per corruttori, corrotti ed evasori.
Cerchiamo di essere  veramente europei,  e  per le cose giuste.

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