lunedì 4 febbraio 2013

Colonialismo, guerra in Mali, asimettria del confronto

1) Le risorse  del sottosuolo  e gli interessi energetici internazionali.
La prima cosa da notare all’origine della decisione di  andare in guerra nel Mali da parte di Hollande, è l’estrema necessità di tutelare  i giacimenti  di gas e petrolio nel Sud dell’Algeria,  a In Amenas, e a Touademi, fra la Mauritania e l’Algeria, nonché quelli di uranio nel Niger e nel Nord del  Mali, vitali per le centrali nucleari in Francia.
Il Governo italiano ha dato un supporto ai francesi, 3 droni e gli istruttori militari per l’esercito  africano, perché possa combattere gli Al khaedisti: l’Eni, interessata alle attività estrattive,  ha certamente dovuto suonare le trombe per sollecitare la nostra solidarietà.
Molto grave per gli interessi energetici occidentali   l’episodio del sequestro di ostaggi a In Amenas, da parte dei Firmatari del sangue, uno dei gruppi jihadisti più determinati e  selvaggi, guidati dal Guercio, Moktar Ben Moktar, chiamato così per aver perduto un occhio quando era al seguito di Ben Laden in Afganistan, all’età di 19 anni.
 L’intervento-blitz da parte dell’esercito algerino è stato brutale ed efficace:sono morti 123 terroristi e 11 ostaggi.
Non si poteva fare altrimenti, ha detto Hollande, anche perché  un altro gruppo, “I difensori della sciaria”aveva collaborato  all’azione,  avendo a sua disposizione armi modernissime, (tra cui additittura dei missili) appartenute ai seguaci di Gheddafi, in Libia:  se ne  era impadronito scontrandosi con i lealisti di Bengasi. 
Grazie al bliz algerino  sono state per fortuna ricuperate.
Ma in Algeria ci sono altri jihadisti, provenienti dall’Afganistan fin dal 2006: capitanati da Drukdel, che si nasconde fra i monti della Kabilia. (la sua  fonte di finanziamento è la droga). Mentre nel Sud, c’è un altro gruppo, guidato da Abu Sahid che fa soldi con i sequestri di persona ( cfr. il caso  Cicala)
Poiché i francesi hanno liberato  Gao, che era la loro roccaforte,importante perché sulla strada verso i giacimenti petroliferi di Duenza,  e sono  arrivati a Timbuctù, la città  più importante  del paese sul piano culturale, ora i ribelli scappano nel deserto, riservandosi probabilmente delle azioni di guerriglia terroristica in futuro.
 Una famosa  storica canzone francese dice:
 Malbrough s’en va-t-en guerre
 miridon, miridon, mirodaine
 Malbrough s’en va –t- en guerre
 Et ne sait quand reviendra.
 I giornalisti stranieri non hanno diritto di accedere alle zone dei combattimenti, per motivi di sicurezza,- dicono i francesi- Così vengono pubblicati  solo i comunicati  ufficiali dall’esercito. Nessuno è lì per raccontare  i  probabili danni collaterali che gli attacchi dell’aviazione hanno prodotto sui civili del Mali.
 Tuttavia   è il caso di ricordare che il fanatismo religioso  nei paesi dell’Africa occidentale è alimentato anche da profonde ragioni di ingiustizia sociale, di mancanza di sicurezza, e, sul piano finanziario, da un imponente traffico di droga. (60 tonnellate di cocaina negli ultimi 10 anni)
. Lo ricorda un articolo di Kofy Annan, ex segretario generale dell Onu, originario del Ghana.
 C’è una grave crisi economica, e i giovani sono completamente senza lavoro,  esercito e polizia sono mal pagati, quindi corruttibili e non efficaci nella protezione dei  cittadini.
 L’industria petrolifera e tutte le attività estrattive minerarie hanno creato grandi disparità nei redditi, fra minoranze elitarie che si sono molto arricchite, e la stragrande maggioranza della popolazione,  rimasta poverissima.
 Pertanto sono urgentissime  riforme per creare lavoro nella costruzione di infrastrutture, per incentivare l’agricoltura,e promuovere la scuola e la formazione professionale: obiettivo,  sottrarre la manodopera al fanatismo jihadista.
L’Europa dovrebbe promuovere quindi non solo interventi militari per la difesa dei propri interessi, ma un’attiva cooperazione economico- sociale, per collaborare al contrasto del narco-traffico e al futuro benessere generale delle popolazioni, in Africa e in Nord-Africa.
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 L’Europa avrebbe già potuto intervenire per esempio,  sulla questione dei Tuaregs, sui nomadi del deserto, che sono divisi in jihadisti “Difensori della Fede” (Ansar Dine), favorevoli alla sharia,  e laici intellettuali.
L’invasione  di Ansar Dine ha provocato la fuga di centinaia di persone da Timbuctù, imponendo il silenzio alle musiche e alle canzoni.   I Tuaregs  laici, musicisti famosi, che hanno organizzato a Londra e a Parigi importantissimi concerti di blues africani,  grazie allla bande più celebre,  i Tinariwen, premiati  per il loro ultimo album, Tassili, con un  Grammy Award nel 2011.
 Avevano reclamizzato la loro musica  nel  famosissimo  Festival del deserto, frequentato da migliaia di musicofili occidentali,  a Timbuctù, ora appena liberata.
Una famosa cantante, Fadimata,  è l’ambasciatrice nel mondo della musica Tuareg, e  sostiene che i difensori della Sharia sono contrari alla libertà delle donne,  nel vestiario, nelle canzoni, nelle danze, e  vogliono distruggere a Timbuctù  anche  i musei  e le biblioteche, dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
Conclusione:
 la guerra contro il terrore islamico è asimettrica, dura da 20 anni, quando è cominciata in Algeria, nel ’93,    e non è stata risolta con la morte di Ben Laden. Continua con attentati kamikaze in Pakistan, (l’ultimo è di ieri),in Turchia, in Algeria e in Egitto. Non si sa quando finirà.
 Pertanto è necessaria non solo una risposta militarmente repressiva, ma una  ampia cooperazione economico-sociale, con la scuola, il lavoro, l’educazione,  e un contrasto al traffico di droga, loro principale fonte finanziaria.
 E’ l’Europa che è chiamata a rispondere perché ne  è  ormai direttamente minacciata.

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