giovedì 22 marzo 2012

Bugie, gaffes, lacrime, e mezze paccate

Vogliamo contare le bugie del Governo e dei giornali?
1)  La riforma del mercato del lavoro ce l’hanno  chiesta l’Europa e la lettera della BCE, firmata da Trichet e Draghi.
Davvero?
 L’abolizione dell’art. 18 era nel programma del Governo Berlusconi fin dal  2002, ma non  riuscì per la decisa  rivolta sindacale e le manifestazioni imponenti in piazza. Berlusconi ha  allora chiesto una lettera autorevole all’esterno del paese, che  gli consentisse di farlo.
Il mantra di tutto è quindi ora, anche per il governo Monti : ce lo ha chiesto l’Europa.

2)                In Europa nessun paese ha l’articolo 18? E’ vero, ma se la Germania  non ha questa normativa, non è vero che  per le imprese tedesche  esista  la totale  libertà di licenziare.

 Quando anni fa il Paese ha attraversato una crisi economica grave,  la Cancelliera Merkel  si è valsa di altre efficaci strumentazioni :  ha convinto le principale imprese manifatturiere a mantenere a  part-time e a mezzo stipendio  gli operai più anziani che voleva licenziare, e lo stato avrebbe pagato al lavoratore l’altra metà : obiettivo valorizzare le professionalità  e l’esperienza del personale in servizio per istruire i nuovi giovani assunti e limitare al massimo la disoccupazione.
Le aziende, hanno potuto così utilizzare quelle risorse destinate ai salari  per investire e innovare gli impianti obsoleti.
Quindi è anche per questa ragione che  oggi la Volkswagen risulta globalmente  più competitiva, in Europa e nel mondo.
 Il salario di un operaio si eleva a 2500 euro, arrivando fino a 3000 con i premi di produttività.
3) Monti ha lodato la riforma Ferrero definendola equilibrata e strutturale,
Davvero è così?
 E’ stata assicurata la flessibilità in uscita, non eliminando il “totem”, come voleva inizialmente madame Fornero, ma  “ristrutturando  l’art.18 , nel senso  di liberare da lacci e laccioli il licenziamento per motivi organizzativo-economici , grazie a cui  l’impresa, pagando un indennizzo al lavoratore per una somma tra le 15 e un  massimo di 27 mensilità, non avrà  più  l’obbligo di reintegro. 
Quindi  Marchionne si è immediatamente affrettato a ricordare che il mercato dell’auto in Europa presenta problemi, e di conseguenza  questo richiederà alla Fiat ristrutturazioni delle maestranze, incidendo  sull’occupazione.
Appare  quindi  chiaro che, grazie alla linea Monti,  la Fiat non chiuderà Mirafiori come aveva l’intenzione di fare, rimarrà in Italia, ma metterà molto personale in cassa integrazione.(e dovranno vivere a 800 euro al mese e non a 1300)
Cercasì  disperatamente  equilibrio ed equità nella politica  del governo.

4)     “Siamo tutti nella stessa barca! –aveva detto Veltroni, contrario al principio della lotta di classe… Ma questo non è vero nel nostro paese., dove proprietà e amministratore delegato non stanno  proprio a sentire i sindacati, ai quali impongono le loro decisioni: prendere o lasciare, stile Pomigliano, quali che siano le idee che mettono sul piatto.  
 Invece   stare sulla stessa barca è vero in Germania, dove grazie alla co-gestione, gli operai siedono nei CDA della Volkswagen, decidendo insieme all’A.D l’orario di lavoro,  l’ entità dei salari, dei premi di produttività, l’ammontare degli investimenti per innovare gli impianti obsoleti, e la ricerca per nuovi motori. Risultato : tutti, imprenditori e personale  sono interessati a che l’impresa conquisti in Europa e nel mondo quote di mercato,  e  una maggiore competitività.
 (Ricordiamo che la stessa Fornero in una lettera al Corriere della Sera aveva sostenuto che per un’impresa valersi del .basso costo del lavoro ( in Italia  il salario medio è 1300euro),  a scapito degli investimenti per innovare impianti obsoleti, non è il modo migliore per essere competitivi sul mercato).
Almeno questa l’aveva  azzeccata!
Quindi se la Fiat ha visto diminuire gli ordini in Italia e in Europa  è  per colpa dell’ assenza di progetto  industriale.
(Mancano all’appello 20 miliardi di investimenti promessi,  e non certo per colpa   dell’art.18 che impediva di licenziare vecchi per assumere giovani.

4) Ammortizzatori sociali

Se in Europa esiste da molti anni  la norma del reddito minimo garantito (In Francia si eleva a 1300 euro mensili, con l’obbligo per il lavoratore di cercare e accettare un altro lavoro,  in luogo del posto perduto), adottando l’Aspi (una forma di assicurazione) il ministro Fornero assicura un salario minimo ai disoccupati e  ai precari  in scadenza di contratto   un salario di 1100 euro, ma solo per 1 anno.
(Si ricorda che questo diritto universale nella proposta del giuslavorista Ichinno  doveva durare 4 anni, come negli altri paesi europei.)In tempi di crisi un anno è davvero poco.
Vengono però ora  mantenute la cassa integrazione in deroga e quella a durata biennale, che il Ministro Fornero voleva in un primo tempo sopprimere.
Utili quindi la mediazione e i lunghi negoziati sindacali, a fronte di un Ministro molto più rigido.

5) Flessibilità in entrata:

L’obiettivo è di limitare il numero dei contratti attualmente in vigore  a tempo determinato, che alle imprese costeranno molto di più,  ( in nessun altro paese europeo esiste una simile anomalia:  In Italia ce ne sono  in tutto 44!)
 I contratti    costeranno di meno  se l’impresa assumerà  a tempo indeterminato. (Un’idea positiva di Damiano, ex sindacalista e poi ministro del lavoro nel governo Prodi)
Il problema  è che alcuni contratti a tempo determinato  sono stati mantenuti, e non completamente eliminati, come  invece auspicava Tito Boeri, E questo comporterà problemi burocratici..almeno è quello che dice Confindustria.
 Cattiva flessibilità:  saranno aboliti  i  finti contratti a partita Iva, che mascherano  da lavoratori autonomi quelli  che invece sono, a tutti gli effetti, lavoratori subordinati e  dipendenti.  Finora  erano stati adottati perché molto più convenienti per il datore di lavoro.
 (Si discuterà fino a giovedì, perché Emma Marcegaglia non è soddisfatta delle soluzioni previste dalla Riforma per la flessibilità in entrata. 
Del suo stesso parere è Rete imprese Italia, che le  trova  troppo penalizzanti per le imprese  medio-piccole, già fin troppo gravate di tasse)

6)  Resta ancora  intatto il problema dei 350.000 lavoratori (dai 52 ai 58 anni), che, prima  della riforma delle pensioni, si erano messi in mobilità, con la prospettiva di andare  a riposo, e che ora, dopo la riforma del 2011, sono rimasti privi del lavoro e del trattamento di quiescenza.
Per compensarli di quanto hanno perduto ci vorrebbero ingenti risorse, che al momento il governo non ha.
Questa lacuna indica che l’equilibrio della riforma non c’è, e non dipende dai sindacati, ma dal Governo
Conclusione:
     Teodorico di Verona,
        dove vai con tanta fretta?
I tempi sono da rispettare, dicono Premier e  madame Fornero.
a) perché lui deve partire in Asia
b) perché il testo deve essere presentato al Parlamento “sovrano” che dovrebbe discuterne.
Ma  i tempi – ha detto Madame Fornero- non possono essere infiniti, se no lo spread potrebbe tornare ad aumentare, e l’Italia potrebbe perdere di credibilità”. Già stasera è tornato a 304 punti.
E il Pd si è spaccato a metà sull’argomento riforma  : Damiano, Fassina e lo stesso Bersani contano sul dibattito parlamentare per emendare in meglio il testo, mentre Letta, Veltroni, Ichinno e Treu si dicono finora abbastanza soddisfatti, e puntando sull’intervento del Capo dello Stato, (che invece  molti hanno trovato francamente eccessivo,) vorrebbero appoggiare il Governo, malgrado  la non- intesa raggiunta con la CGIL.
La più combattiva si è dimostrata Rosy Bindi: il Premier ha tradito l’impegno di accordo sull’art.18, perché non è stato adottato il modello tedesco, sul quale era d’accordo anche la CGIL.   
Domanda:  Il Governo  cosa presenterà in Parlamento ?  Un progetto di legge o un decreto sul quale verrà apposta la fiducia, la dodicesima,  da quando c’è Monti?
Hanno fretta,  i milanesi e i piemontesi  di concludere su questa riforma, con o senza l'intesa. "Corrono, corrono, corrono, e si corcano!" - diceva un napoletano per illustrare lo stile di vita al Nord.. )
Trattandosi  della sopravvivenza  delle persone in tempi di crisi, vorremmo,  come in Germania,  il rispetto e la valorizzazione del lavoro,  tanto  dei giovani che degli anziani, cosa di cui nel nostro paese si è persa l’abitudine, prima che succeda qualcosa di orrendo. 
Per questo stiamo con la CGIL e con la Fiom.
Non solo: direi al Ministro di dar  retta a Bonanni, che non è contento, come  del resto i suoi colleghi  Camusso e Angeletti,  per la situazione di chi è rimasto senza lavoro e senza pensione (sono 350.000!)
Personalmente non vorrei certo mandare al cimitero la Ministra, (anche se il suo cognome fa rima col luogo santo), perché  in tutta onestà bisogna  riconoscerle lo sforzo fatto, malgrado le gaffes, le bacchettate categoriche, le lacrime, e le paccate.
”Chiagne e fotte?”- si chiedono i lavoratori , sconcertati dalle sue prese di posizioni un po’ isteriche.
 Ma  vorrei  dirle:
-         Forza, Ferrero, se hai fretta e ti sei stufata delle notti insonni e delle discussioni a non finire,  tornatene a casa e riposati !
Ma  se  vuoi  migliorare strutturalmente la riforma, sull’art. 18 ripensaci…perché troppe aziende in periodo di crisi sarebbero tentate di avere mano libera e mandare a casa  soprattutto chi rompe le scatole. (cfr. la Fiat a Melfi, e il suo comportamento con i 3 lavoratori Fiom,  reintegrati dal tribunale, ma non ammessi in fabbrica!)
  Occorrono altre risorse, per far durare l’ASPI almeno 4 anni.(come si fa in Europa). Lo Stato non ne  ha  a  sufficienza per ammortizzatori sociali degni di questo nome?
Allora:  come trovarle?

III° La legge anticorruzione.

Mancano all’erario 60 miliardi di euro, perché non è mai stata convalidata la direttiva economica europea del 1999 la quale avrebbe comportato:
a) la severa ri- penalizzazione del falso in bilancio.(depenalizzato nel 2002), una via facile per evadere le tasse.
b) l’allungamento dei tempi di prescrizione nei processi
c) il traffico di influenza

Dato il fiorire di inchieste giudiziarie in tutta la penisola, la legge è diventata urgentissima, come hanno richiesto 100.000 cittadini sul sito web di Giulia Innocenzi, e in piazza, davanti al Parlamento.
 E occorrerebbe applicare al reato non solo  severe norme  detentive, che ora non ci sono,  ma anche, come si fa per i mafiosi,  la confisca dei beni acquisiti, del corruttore e del corrotto, per restituirli alla comunità.
Purtroppo come diceva Don Luigi Ciotti a Genova nella giornata dedicata alle vittime della mafia, la legge Alfano ha assegnato a una speciale authority, l’Agenzia per la confisca dei beni mobili ed immobili, il compito di seguire  il problema, sottraendolo al controllo dei giudici: risultato ci sono stati casi di restituzione delle ricchezze agli eredi dei boss… con tante scuse.
(Angelino : un vero Zelig, sempre in cerca del quid di approvazione).
Ma il governo ha preso una buona decisione: fare i funerali di stato al sindacalista Placido Rizzotto, un eroe, ammazzato dai Corleonesi nel 1948, perché spingeva i contadini a occupare le terre incolte:  sono stati ritrovati i suoi resti, in una scarpata , vicino a Corleone.  La CGIl,  guidata dal sindacalista  Paternostro,  si occupa della cooperativa creata dall’associazione Libera , per il ricupero e la destinazione sociale delle proprietà terriere appartenute alla Mafia.
E’ importante che la CGIL sia presente in questa opera di rivalutazione del coraggio civico manifestato tanti anni fa da Placido Rizzotto, e che militi insieme alla Associazione Libera. Per la dignità del lavoro, contro la criminalità organizzata.
Lo Stato deve oggi assolutamente ricuperare anche attraverso la confisca dei beni a corrotti e a corruttori  tutte quelle risorse utili al bene comune,  per meglio strutturare e perfezionare la legge sul lavoro,  soprattutto  nel capitolo speciale degli  ammortizzatori sociali, per tutelare chi ce li ha ed estenderli ai  giovani che ne sono  ancora sprovvisti.
 Inoltre dovrà  mettere in programma politiche  industriali per la crescita, per crearlo il lavoro, perché non c’è. Per questo occorre veramente andare in  fretta, per  il bene comune.
Se no con tutte le tasse e le misure recessive (come l’aumento della benzina e dell’Iva)  il Pil non aumenterà e  andremo in bancarotta, come sta  già accadendo, dopo la Grecia, anche  alla Spagna e al Portogallo.

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