martedì 3 settembre 2013

Lettera a Massimo Cacciari - Ancora a proposito di Nicolò Machiavelli

Caro Cacciari,
ero sinceramente incuriosita di quanto lei, autorevole esponente di una  schiera di intellettuali in Italia, avrebbe scritto su Machiavelli,  nella nuova serie del Caffè Filosofico di Repubblica.
Me ne ero occupata rapidamente in una mia lettera a Scalfari, rispondendo a un suo editoriale su Machiavelli e machiavellismo. (Cfr il mio Blog , nel sito  Ecodellarete.net)
Ho letto il libricino che accompagna il DVD, e onestamente  il suo racconto espositivo  non   mi sembra  sia sufficientemente articolato, data la complessità del personaggio e del suo pensiero, che non è  propriamente filosofico  quanto invece  soprattutto politico, in un periodo dalla realtà effettuale pericolosa.
Nel 1492 muore Lorenzo il Magnifico e termina il miglior periodo della nostra storia nel quale, grazie alle sue qualità, era stato raggiunto un equilibrio pacifico fra i 5 Stati regionali ( Venezia, Genova, Napoli, Milano, e Stati Pontifici), spesso in conflitto fra loro.
Quando Carlo VIII°, dopo aver completato l’unificazione territoriale del paese, grazie al suo  matrimonio con Anna di Bretagna, scende in Italia per rivendicare i suoi diritti di discendenza a Napoli e a Milano, vince in battaglia Piero de’Medici, occupa Firenze, e scoppia in città una violenta rivolta popolare anti-medicea, la prima   dopo  il trionfo di Cosimo il Vecchio, al potere   fin dal 1434.
 Nel 1494  si riafferma così la Repubblica, grazie alla propaganda religiosa di Fra Girolamo Savonarola, molto critico  della dinastia corrotta e peccatrice,  fino alla  morte sul rogo nel 1498.
A partire da quest’anno la Repubblica ridiventa laica: a Machiavelli vengono affidate varie missioni diplomatiche, la prima delle quali in Romagna, nel 1502, alla corte di Cesare Borgia, il duca Valentino.
 Il suo comportamento politico  violento e criminale per rafforzare il proprio potere,  diventerà il punto di riferimento  per l’analisi machiavelliana  della “realtà effettuale” nella  era moderna . (“Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nell’ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, ecc.)
 Nel 1510 , dopo numerose missioni in Francia, Machiavelli . scriverà “Il ritratto delle cose di Francia”, sottolineando che ora “tutte le buone terre appartengono alla Corona e non più ai baroni.” Era stata realizzata l’unificazione del territorio nazionale, che invece  in Italia la Chiesa  rendeva impossibile.
E nel XXV° capitolo del Principe  avrebbe sottolineato  che il ruolo principale di un Sovrano è quello di ridurre il ruolo della fortuna al 50%: “io la somiglio ai fiumi rovinosi, che quando si adirano allagano , ruinano gli  alberi e gli edifici.  Non resta  che gli uomini, quando siano in tempi quieti, vi possano provvedere con ripari et argini, come è stato fatto in Francia, in Spagna, in Allemagna, mentre l’Italia è una campagna senza protezioni”.
Il suo racconto, caro Cacciari, è unilaterale, perché non parte dalla biografia dell’Autore del Principe, che nel 1512, col ritorno dei Medici e la fuga del Gonfaloniere Pier Capponi,  del quale era il braccio destro, dopo esserlo stato di Soderini, viene arrestato,imprigionato,  torturato alla corda, e mandato in esilio nel suo podere,  vicino a S.Casciano.
La sua drammatica lettera a Francesco Vettori illustra la sua crisi di intellettuale repubblicano, crisi   economica, psicologica ed esistenziale, per aver perduto ogni possibilità di lavoro, dopo aver ricoperto numerosi incarichi diplomatici  di gran prestigio e il ruolo di Segretario della Repubblica..  Crisi che non poteva essere risolta se non tentando di rendersi  di nuovo utile.
Quando nel 1513 inizia a scrivere “ De Principatibus”, nella  dedica a Lorenzo de’ Medici, nipote del Magnifico,  afferma  che l’opera viene redatta “per la sua esperienza delle cose moderne e per la continua lezione delle antigue”,   che  essa  dovrà contare soprattutto  per la “gravità del subietto”,  sperando che ”  La Magnificenza a cui si è rivolto voglia versare gli occhi in luoghi bassi, e possa conoscere quanto l’autore sopporti indegnamente una malignità di fortuna”.
                                                      ***
2)   Machiavelli e machiavellismo.
 Dopo i massacri della Notte di S.Bartolomeo, voluti da Caterina de’ Medici,  divenuta regina di Francia ,  furono gli Ugonotti a  parlare  del machiavellismo della sovrana cattolica, influenzata  dal Principe,  e Bodin,  interpretando il testo,  doveva teorizzare “la Ragion di Stato” come la necessità suprema  di azione dura, per  un governo assoluto.
 Ma nel Settecento, scomparsi i Borgia ,  e i Medici, i  nuovi filosofi illuministi dovevano seriamente rimettere in questione l’origine divina del potere,  con i suoi arbitri e i suoi crimini,  e quindi ricollocare il pensiero politico di Machiavelli sulla rotta giusta.
 Non solo con la voce Machiavellismo della Grande Encyclopédie, pare dovuta a Diderot,  ma  soprattutto J.Jacques Rousseau nel “Contratto sociale”  doveva  parlare del Principe come il libro dei repubblicani,  (G. Procacci, Introduzione al Principe, pag. 87, Feltrinelli 1960), seguito da Foscolo che nei Sepolcri scrisse di Machiavelli:
                                                   “ Quel grande, che
                                               temprando lo scettro ai regnatori
                                          gli allor ne sfronda ed alle genti svela
                                           di che lacrime grondi e di che sangue

                                                               ***
Il concetto di Stato in Machiavelli evolve, passando dal ruolo antropomorfico, Il Principe,  ad un’altra visione laica e liberale, che si afferma soprattutto nei “Discorsi sulla Deca di Tito Livio!”
 Un’opera iniziata nello stesso anno, 1513,  che è però frutto di una riflessione lunga e articolata, protraendosi  nel corso degli anni successivi.  Ma  non  venne  pubblicata dall’autore in vita, perché la considerava pericolosa. Apparve solo nel 1531.
 Il perché si può capire dalla dedica ai suoi amici, Cosimo Rucellai, che ospitava nei giardini  del suo palazzo le passeggiate dei repubblicani,  e soprattutto  a Zanobi Buondelmonti, che aveva organizzato nel 1522 addirittura una congiura anti medicea. Machiavelli  ringraziava i destinatari  per i molti benefici ricevuti, ed esprimeva una vera e propria auto-critica, in polemica con sé stesso:
 “Mi pare in quest’opera di essere uscito  a fare dell’uso comune  di coloro che sogliono sempre le loro opere a qualche principe indirizzare, e, accecati dall’ambizione e dall’avarizia, laudano quello, di tutte le virtuose qualitadi   quando da ogni   parte doverebbero biasimarlo.. Onde io , per non incorrere in quest’errore, ho eletti non quelli   che sono principi, ma quelli che per le infinite qualità meriterebbero di essere”
Come ho già scritto nella mia lettera a Scalfari, mi sembrano allora cruciali due elementi:
Confrontandosi con Cesare Borgia, con i  potentissimi  papi usciti dalla famiglia Medici,  Leone X° e Clemente VII° , Machiavelli non poteva che mettersi una maschera, e praticare “una dissimulazione onesta,” per ricuperare una funzione pubblica perduta,  e  uno status politico di primo piano . Era  anche il  suo modo di aggiornare , in base “alla realtà effettuale”, la nozione di  Stato in era  Moderna.
 Ma la sua vera natura era quella di un intellettuale  repubblicano, divenuto, per forza di cose e malgré lui, uno scrittore cortigiano.
Pubblicata solo  dopo la sua morte , la sua vera opera restano quindi  “ I Discorsi”, perché non aveva dimenticato i benefici delle “antigue  lettere”, la storia della Repubblica Romana, ancorando ad essa quella della Repubblica di Firenze. Il passato per capire il presente.
“Non c’è cosa necessaria a una collettività, partito, regno o repubblica, che quella di restituirle la reputazione che aveva ai  suoi inizi,  grazie  alla qualità delle istituzioni, degli individui,  non per effetto di un intervento straniero (come era accaduto a Firenze  nel 1494 con Carlo VIII°)
“ Un patto può essere passato fra lo Stato e i suoi cittadini” affinché un  capo non eserciti il proprio potere in modo arbitrario e incontrollato. E cita a questo proposito l’esempio delle leggi costituzionali promulgate dalla  Monarchia in Francia, sottolineando il ruolo di tutela dei cittadini esercitato dal Parlamento.
Infatti nel 1512,  quando era ancora il Segretario Fiorentino, nel suo Discursus  ai Medici, aveva proposto di creare, accanto al Gran Consiglio , un altro ristretto di 64 membri, utile per come dosare nelle leggi e nelle Istituzioni dello Stato le due forze opposte: i Grandi e il popolo.
“I primi tendono a dominare gli altri, mentre il popolo rifiuta di essere dominato e schiacciato”.
Il compito primordiale del legislatore consiste  dunque nell’assicurare un’espressione politica equilibrata. E una delle condizioni per fare questo è  che in un paese possa permanere  la lotta di classe: il conflitto economico e politico assicura la guardia della libertà e la durevolezza della Repubblica.
Contro Tito Livio, Machiavelli propugna dunque  un ordine nuovo, libero e popolare, un piano di dinamica sociale, per istituzionalizzare le opposizioni ( Il senato e i tribuni) , rendendo legali i conflitti.

Conclusione:
Perché  ci interessiamo tanto al pensiero di Machiavelli e in che cosa ci pare legato alla nostra attualità?
Non mi pare che egli sia una filosofo utopista, come lo sono stati Moro e Erasmo. La sua è una ricerca politica, di un repubblicano che ama la sua città, e ne rifiuta la crisi.  Sono proposte  scritte quando si poteva ancora operare, e non avevano ancora vinto né la Francia né la Spagna (prima della sconfitta a Pavia di Francesco I°. nel 1525°), proposte che mirano a formare dei cittadini che vogliono costituirsi in Stato, in un’operazione di lungo respiro.
Mi  sembra  quindi molto attuale  la sua  idea     di     istituzionalizzare la lotta di classe, e  trova il suo riscontro odierno  nella richiesta di Landini,  che, contro Marchionne, chiede al governo   una nuova legge sulla rappresentanza di  tutti  i sindacati  (legge che ancora non c’è, ) e  un suo energico  intervento  contro la volontà della Fiat di andare a produrre all’estero, per punire sindacati  indipendenti, malgrado i capitali pubblici ricevuti.
B)
 La necessità di difendere la Costituzione del ’48, nata nella Repubblica ai suoi inizi, per merito dei Padri Costituenti, cioè  gli uomini migliori,  vincitori della lotta contro il fascismo.  ( Per salvaguardarla si stanno raccogliendo mezzo milione di firme.)
C )
La decadenza  di un finto Principe, condannato in via definitiva, dopo 3 gradi di giudizio, perché frodando il fisco, si è appropriato di soldi pubblici.  Così  del resto aveva fatto Lorenzo il Magnifico, sottraendo all’erario fiorentino i soldi per la dote alle ragazze povere, per poter saldare il buco di bilancio alla filiale di Lione  della Banca medicea.  Per questo il pittore Pietro di Cosimo, repubblicano, lo aveva chiamato il Magnifico Merda.
 Che la Giunta  al Senato decida la decadenza,  come prescrive la legge Severino, già applicata per altri, dopo avergli consentito di difendersi.
D)
Occorre d’urgenza una nuova legge elettorale,  analoga a quella esistente per i Sindaci,  con un ballottaggio a doppio  turno,  grazie alla  quale si capisca alla fine chi ha vinto e chi ha perso. Con un premio di maggioranza a chi ottiene almeno il 40% dei voti.
 Necessaria per dare stabilità  al paese, con  un nuovo Parlamento di 2 forze, una di centro-destra,  che tuteli  gli interessi degli abbienti  (ma non guidata da un capo pregiudicato) , e una di centro- sinistra  che possa  salvaguardare i nostri interessi di cittadini , soprattutto sul piano  fiscale,  e  assicurare  l’avvenire dei giovani.
 Come Machiavelli amiamo il nostro paese e rifiutiamo la sua crisi economica, sociale,  politica,  culturale e morale, per poter stare degnamente in Europa.

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