lunedì 30 settembre 2013

Un nonno da ricordare

E’ Ulderico  Mazzolani:  mazziniano, repubblicano, massone , antifascista dal 1922.

 L’indagine su di lui è condotta dalla nipote, Marina Storoni Piazza in una biografia “Dalle carte del nonno”, Ed. Le Monnier,  a metà fra una cronaca familiare   e  una rigorosa analisi  del  contesto  storico generale  del paese, basata  fondamentalmente sulle carte del nonno trovate in casa  , e su documenti  esterni (atti parlamentari, articoli su giornali e riviste dell’epoca,  lettere, testimonianze giudiziarie, e memoriali diretti al procuratore del re e documenti d’archivio).

Un libro molto  utile per ricordare a tutti che cosa è stata la vita  degli oppositori sotto il fascismo.

Mazzolani  era massone e   convinto mazziniano: contro la Monarchia, anticlericale convinto,  e più tardi anche ostile alla    Triplice Alleanza con l’Austria e la Prussia, decisa  nel 1882, dal governo Depretis..

Ricordiamo il ruolo della Massoneria nel Risorgimento: il Grande Oriente italiano, nato nel 1806, ad imitazione della grande Loge de France,  aveva dato lustro alle grande idee patriottiche,  e contava fra i suoi membri Garibaldi, Cavour  e forse lo stesso Mazzini:  i principali attori della battaglia  per l’Unità, la libertà  e per l’indipendenza. La Repubblica: un sogno  impossibile nel 1861, al momento dell’Unità d’Italia, per il quale gli italiani dovettero aspettare 90 anni, fino al referendum,  del 2 giugno 1946.

 Quando,  dopo la breccia di Porta Pia, nel 1867, era  divenuta capitale d’Italia nel 1871, Roma  era una città piena di problemi:  era inondata regolarmente dal Tevere, aveva bisogno innanzitutto di solidi muraglioni che  proteggessero soprattutto il centro storico, di una rete idrica e fognaria, perché le acque stagnavano lasciando terribili miasmi. Aveva bisogno di nuovi edifici pubblici

 ( come  Il Palazzo di Giustizia, la stazione ferroviaria) di nuovi quartieri per gli impiegati dello Stato, di scuole pubbliche, (senza insegnamento religioso).

In questo quadro il giovane avvocato penalista Mazzolani  viene eletto nelle elezioni amministrative del 1907 nella giunta di Ernesto Nathan, ebreo, massone, e Gran Maestro del Grande Oriente, era uno dei 12 assessori,   nominato al Patrimonio.

La Giunta durò fino al 1912, sotto il Governo di Giolitti, che l’aveva appoggiata. Ma  Mazzolani  non era d’accordo né con alcune decisioni prese dalla Giunta né  con l’impresa coloniale in Libia,  decisa dal governo. C’era troppo ancora da fare in Italia, specie al sud,  per  andare a danneggiare  i popoli,   oltre confine.  Era ancora risorgimentale: quindi aderiva alle battaglie irredentistiche del Nord  per i territori rimasti sotto l’Austria, specie dopo l’uccisione di Oberdan,  e sotto la nuova Jugoslavia.

 Essendo ostile all’alleanza della Triplice, con Austria e Prussia,  stipulata  nel 1882 dal governo Depretis, favorita dal re, ammiratore della monarchia prussiana,   allo scoppio della guerra nel 1914,  quando  il governo guidato da Salandra  era uscito dalla Triplice per la violazione dell’art.7 dell’Alleanza,  e si era proclamato  neutralista, nacque un movimento  risolutamente interventista, soprattutto fra i massoni.. E  Mazzolani   si era schierato dalla parte dell’Intesa, della Francia repubblicana,   ed era partito volontario.

 La prima guerra mondiale.

 

Le pagine più commoventi del libro sono quelle del suo Diario di guerra, con  le descrizioni della  vita e della morte  in trincea, sul fronte dell’Isonzo, con i cadaveri che si accumulavano, gli amici che scomparivano, e soprattutto l’ostilità dei poveri contadini, inviati in guerra contro la loro volontà, che se la prendevano con i volontari, da loro ritenuti responsabili della propria rovina.

 Molto feroci le   descrizioni  che Mazzolani fa  degli ufficiali, arroganti e incompetenti, che imperversavano sui soldati,  e anche dei Generali,  come Cadorna.

Questo racconto    doveva più tardi alimentare  in lui ,  che  nel 1919 era stato eletto deputato  tra le fila dei Repubblicani nella circoscrizione di Ravenna,  il desiderio  di una Commissione Parlamentare di inchiesta  contro coloro che avevano fatto sulla guerra illeciti profitti, arricchendosi con i contratti conclusi con lo Stato per la vendita di ogni tipo di materiale  necessario  ( armi, vestiti, divise, vettovaglie,)   contratti che erano stati prorogati  di 15 anni, fino al 1943.

  Una battaglia contro i pescicani divenuti ricchissimi, mentre la gente  era morta in trincea.

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 Mazzolani era  all’inizio vicino al Mussolini movimentista, al suo primo  programma di governo,  molto vicino ai socialisti, e alle masse lavoratrici, che un repubblicano mazziniano si sentiva di condividere. Aveva aderito ai fasci di combattimento, e , dopo i risultati deludenti della pace di Versailles, ( 1919) ,  in cui, per volontà di Woodrow Wilson le aspirazioni italiane  su Trieste e sull’Istria erano state completamente tradite, si era   schierato  anche a favore dell’impresa su Fiume, condotta da Gabriele D’Annunzio. (1920).

Aveva però  cominciato a prendere le distanze dai fascisti fin dal 1921,  soprattutto per le azioni  squadristiche contro le  Camere del lavoro,  che continuarono più frequenti dopo  l’ottobre del 1922, con la Marcia su Roma, e,  avendo  Mussolini   radicalmente cambiato il suo programma di lotta, schierandosi  dalla parte degli industriali,  si era rivoltato contro.


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La Commissione parlamentare d’inchiesta.

 

L’iniziativa mirava a indagare e a colpire due grandi imprese produttrici di armi (L’Ilva di Taranto) e la Ansaldo di Genova, e soprattutto due banche sostenitrici: la banca Commerciale per l’Ilva e la Banca italiana di sconto, guidata dai fratelli Perrone, per l’Ansaldo.

L’azione promossa da Mazzolani durò 2 anni: dal 1920 al 1922.. Fu un lavoro egregio, magnificato sul Giornale d’Italia dal suo direttore  Alberto Bergamini che pubblicò in prima pagine il ritratto di Mazzolani, ma nonostante il sostegno dei media il risultato dell’inchiesta  venne reso innocuo, perché Mussolini,   arrivato al potere nel ’22, voleva proteggere  alcuni  pescicani,  suoi sostenitori politici, e aveva chiesto  che i risultati fossero presentati al governo e non al Parlamento, come voleva legittimamente Mazzolani.

 Legge contro la Massoneria (1925)


La legge contro la Massoneria mirava a colpire i repubblicani anticlericali e in particolare il Gran Maestro del GOI ,   Torrigiani, il quale sciolse le logge e i 20000 iscritti divennero dall’oggi al domani perfettamente  clandestini..

Molto importanti erano  dal ’22 i contatti tra il GOI e la Grande Loge de France, che sosteneva tutti i fuorusciti ,  protetti  anche dalla LIDU (La lega italiana per i diritti dell’uomo) .

Era nata li la Concentrazione antifascista, ( con  Gobetti, i fratelli  Rosselli,  Turati, Nitti ,   Pertini  e  poi  nel 1929 la Concentrazione   sarebbe sfociata nel movimento Giustizia e Libertà.

 Grazie all’Ovra, creata anche nel 1925, con a capo Arturo Bocchini, le spie furono   sguinzagliate  anche in Francia,  e nel 1937 vennero uccisi i fratelli Rosselli, mentre Gobetti  era morto prematuramente, dopo le botte riportate a Torino.

 Eugenio Chiesa, grande amico di Mazzolani, divenuto capo del GOI , cominciò a stabilire contatti con la Massoneria europea, in Germania e anche in Svizzera, oltreché  con la Grande Loge de France, dove erano ben noti i garibaldini italiani nelle Argonne..  Morì nel 1930, e venne sepolto al Père Lachaise.

Nascita della Ceka (1923)

 

Nato come  un organismo segreto, volto a spiare e punire violentemente i critici del fascismo,  la Cekà  era  sorta  in un appartamento di Mussolini in via Rasella, ed era attiva dal 1923,

 Il suo capo responsabile era il capo dell’ufficio stampa di Mussolini Cesare Rossi. Ne facevano parte Filippo Filippelli, il quadrunviro De Bono, Roberto Forges Davanzati.  La manovalanza agguerrita era  rappresentata da Amerigo Dumini e da Albino Volpi.

Mussolini li dirigeva in prima persona e li stimolava ad agire con determinatezza: circolava molto denaro, stipendi fissi, ma anche auto di lusso, appartamenti, e lunghi soggiorni in alberghi di prestigio.  Le aggressioni si moltiplicavano:  venne massacrato Don Minzoni ( 24- agosto 1923) , Giovanni  Amendola  fu aggredito   in pieno centro della città, Alberto Bergamini, direttore del Giornale d’Italia,  ridotto molto male da Amerigo Dumini  per alcuni articoli di dissenso (2 febbraio 1924).

Il sequestro Mazzolani e l’olio di ricino.

 

Nell’aprile del 1924 Mazzolani che rientrava una sera a casa, venne fermato da 2  personaggi :  gli dissero  che lo attendeva   un suo amico,  l’avv. D’Angelantonio,. Non  aveva sospettato  la trappola, e li aveva seguiti in macchina. Dopo  alcuni giri, avevano tirato fuori un bicchiere con l’olio di ricino e , con una pistola pun tata alla tempia, gli avevano intimato di berlo. Era rientrato a casa  a piedi, molto tardi,   dove lo aspettava sua moglie inquieta, perché prima erano  passati,   chiedendo di lui. Mazzolani non aveva denunciato il fatto: ma si decise a farlo subito dopo il rapimento e l’omicidio di Giacomo Matteotti ( 10 giugno 1924) .

 Il 18  giugno  aveva scritto al direttore del Mondo, Alberto Cianca,  una lettera  raccontando quello che gli era capitato, e subito dopo un memoriale di denuncia al Procuratore del Re, avv. Properzi, in cui era entrato nei dettagli.  Aveva riconosciuto da una foto pubblicata sulla “ Tribuna”  i suoi sequestratori, ( che erano poi gli stessi accusati del delitto Matteotti) :  Amerigo Dumini e Filippo Filippelli.

Da una carta presente nell’archivio di Stato che Marina Storoni ha consultato  risulta che per il sequestro e l’olio di ricino a Mazzolani Dumini aveva ricevuto un compenso di 500 lire.

 Successivamente    sull’Italia del Popolo  del 2 agosto Mazzolani aveva scritto   un articolo.

 “La benda è caduta”:“ La Cekà è un’associazione a delinquere: ci sono uomini scelti e denaro e coperture  per farla funzionare e per proteggerla. Una luce sinistra sulla verità.”

Mazzolani aveva dato molto fastidio con la Commissione parlamentare d’inchiesta sui pescecani profittatori della guerra. Per questo era stato oleato.

Il 3 gennaio 1925 Mussolini  fece a Montecitorio un famoso discorso:

 “Non ho nessuna responsabilità penale nel delitto Matteotti, ma me ne assumo tutta la responsabilità politica, morale e storica. L’azione della Cekà era indispensabile per governare il paese, la violenza non può essere espulsa dalla storia. C’è la violenza inintelligente, rozza e stupida, e quella chirurgica, intelligente e cavalleresca. Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere io ne sono il capo”

Nello stesso anno 1925 doveva uscire un’edizione del “Principe” di Machiavelli , e nella sua introduzione al testo ribadiva gli stessi concetti.  Quella era” la verità effettuale” per  il  suo  potere.

Il primo processo Matteotti, concluso a Chieti nel 1926 , era stato una vera farsa. Le pene erano lievissime, e furono  annullate da un’amnistia. Dumini, Cesare Rossi, e Bazzi  erano fuggiti all’estero, in Francia, perché Mussolini temeva di essere da loro ricattato. Li voleva fuori dai piedi.

Solo a Bazzi, che faceva un doppio gioco, spiando i fuorusciti e ricattando il Duce , fu permesso di rientrare in Italia nel 1937, ma poco dopo  doveva morire sotto i ferri di una banale operazione chirurgica, cosa che insospettì molto sua moglie: immaginava un’azione dolosa,

E  il suo sospetto   doveva essere  confermato da una frase di Mussolini,  pronunciata nel giugno del 1938, riportata nel Diario di Galeazzo Ciano ( 1937-43):

“I miei nemici sono finiti sempre in galera e qualche volta sono finiti sotto i ferri chirurgici”

 Nel 1945 ci fu un processo Matteotti bis, e gli accusati, rientrati in Italia,  come Cesare Rossi e Amerigo Dumini,  dissero che loro erano stati solo gli esecutori di ordini del Duce, e furono amnistiati da Togliatti, che voleva pacificare il paese!...

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Mazzolani non si presentò più alle elezioni  fin dal 1924, e  dichiarò che si sarebbe distaccato   completamente dalla vita politica ufficiale. Scrisse una lettera agli elettori nel gennaio 1924.

Era rimasto sconvolto dalle violenze squadristi che a Ravenna, la città dove era stato eletto 3 volte deputato, nella famosa settimana rossa, contro gli anarchici e i socialisti che protestavano per la crisi economico-sociale generata dalle spese sostenute per la guerra.

 Nella lettera aveva detto che si sarebbe dedicato soprattutto alla sua professione di avvocato penalista. La sua posizione di futuro assenteismo politico   venne duramente criticata sul Popolo d’Italia. Tuttavia negli anni seguenti , gli veniva dato il passaporto ogni volta che lo chiedeva, per andare a vedere all’estero  le partite di calcio. Si ricordavano delle sue simpatie per il fascismo movimentista. e  delle sue posizioni   per le terre irredente. I suoi viaggi sportivi erano naturalmente dei pretesti, per poter restare in contatto con i fuorusciti anti-fascisti..

Nel 1934  ebbe il coraggio di difendere al Tribunale Speciale Leone Ginzburg, membro di Giustizia e libertà, accusato da Barbara Allason di attività contro il regime.

Non erano molti gli avvocati penalisti che difendevano gli imputati al T.S. Si poteva rischiare di avere la sede dello studio legale messa  a ferro e a fuoco, e anche di prendersi delle botte in strada.

 Mazzolani chiese una perizia neuro-psichiatrica perché aveva saputo della fragilità psichica della signora Allason, dopo l’arresto.  Ma lei  confermò le sue accuse e Ginzburg, che   venne   per questo condannato a 4 anni di detenzione, e poi amnistiato nel 1936,  grazie  all’Impero Etiopico.

Aveva già  perduto il posto di insegnamento all’Università perché non aveva la tessera fascista, e lavorava come traduttore e redattore- consulente alla casa Editrice Einaudi.

 Mazzolani, dopo aver lasciato il partito repubblicano, perché  non aveva voluto entrare nella Concentrazione antifascista in Francia, avrebbe più tardi  aderito al Partito d’Azione., nato nel giugno 1942 in casa di Federico Comandini, un suo amico..

Badoglio aveva vietato la fondazione dei partiti politici, e per questa ragione l’organizzazione del PDA divenne clandestina.

Già nel gennaio 1943 sull’Italia Libera, diretta da Leone Ginzburg,  erano apparsi  i  punti del programma del nuovo partito:

La Costituzione di una Repubblica parlamentare

Il decentramento amministrativo dello Stato su scala regionale

La nazionalizzazione delle grandi industrie

La laicità dello Stato

La Federazione europea dei liberi stati.

Mazzolani  aveva fatto parte del Governo Parri, succeduto al governo Bonomi, il 21 giugno 1945  e aveva lavorato al progetto politico per il nuovo stato democratico, prestando servizio al Ministero della Costituente, affidato a Pietro Nenni,  con 3 compiti:

a) Elaborare una nuova legge elettorale

b) Convocare un’assemblea Costituente , dopo le elezioni

c) Una raccolta di documenti italiani e stranieri , per offrire ai futuri Costituenti una piattaforma informativa per la nuova Costituzione

 C erano 3 commissioni: una per gli affari economici, una per i problemi del lavoro e la terza per la riorganizzazione dello Stato,  e Mazzolani faceva parte della terza.

Purtroppo al Congresso  nel febbraio del 1946 il PDA si era diviso in 2 fazioni: quella socialista ( Lussu, Lombardi De  Martino) e quella moderato-repubblicana,( La Malfa e Parri.)

Ma gli Italiani al Referendum  del 2 giugno per scegliere tra Monarchia e Repubblica ,  avevano dato  2 milioni di voti in più alla Repubblica, e i  Savoia andarono finalmente  in esilio.

Nel gennaio del  1948 venne varata la Costituzione, per sostituire lo Statuto Albertino: è oggi  considerata  la migliore d’Europa. (Ma  dobbiamo ancora lottare. Vogliono  infatti cambiarla, mentre costituisce una vera agenda politica, ancora irrealizzata, e messa in discussione dalla crisi economica. Innanzitutto per il lavoro, che non c’è).

Invece alle elezioni  politiche  del 18 aprile  ’48 il PDA, che aveva fatto parte del CLN,   ottenne solo  334.000 voti  e quindi solo 7 deputati, mentre i Repubblicani che non ne avevano fatto parte,  molti di più, e andarono al governo.  Non vennero eletti Mazzolani, Cianca,  Vittorio Foa, Ernesto Rossi e Calogero, con grande amarezza del nostro  nonno !

  Grazie a Mazzolani, per il  suo  contributo di uomo libero. E  grazie a Marina Storoni per aver studiato le Carte del nonno, e per  averci concretamente  ricordato che cosa è stato il fascismo nel nostro paese.

 Abbiamo  dimenticato di evocare  convenientemente  il 70tesimo anniversario del golpe di Pinochet in Cile, e i suoi orrori. In Italia ci sono manifestazioni rituali, con tanto di svastiche e saluti romani da parte di associazioni combattive: Forze non tanto nuove!...

 Oggi a causa della crisi economica, in Grecia i fascisti di Alba Dorada hanno preso il 10 % di voti in parlamento,  hanno  ucciso in strada un famoso rapper anarchico, e  solo oggi il capo del partito è stato arrestato. Nel 1967  in Grecia vinsero i colonnelli fascisti con un colpo di stato, durarono fino al 1974 e condizionarono pesantemente il centro-sinistra di Moro. Nenni era praticamente ostaggio della paura che la DC potesse allearsi con la destra in Italia.

 Il fascismo: un rischio permanente quando la democrazia è minacciata da comportamenti insensati e dalla disperazione economica  per la mancanza di futuro..

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