mercoledì 24 ottobre 2012

Europa!... In Piedi

 Un manifesto politico,

di Daniel Cohn Bendit e di Guy  Verhofstadt
Actes Sud,  Arles, ottobre 2012


Politicamente molto lontani tra loro,  Daniel, ecologista verde, Guy, liberal-democratico, ex Premier in Belgio sono ora uniti in un gigantesco obiettivo: dire basta alla confederazione degli Stati-nazione attuale e  costruire l’Europa Federale: gli Stati Uniti d’Europa
 I  nostri giornali e tg  di questo problema non parlano affatto, ad eccezione di Giovanni Sabatucci sul Messaggero del 21 ottobre. che prevede “Una lunga marcia” per il progetto.
Ma nel libro, che vogliamo raccomandare a tanti lettori, ai giornalisti, e ai conduttori di trasmissioni di approfondimento, indicano in tutti i dettagli  una  road map, che ho trovato molto interessante, e, dopo aver parlato di alcuni problemi  emersi nel nostro paese, cercherò di farne una  attenta lettura.

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Siamo ormai quasi in campagna elettorale,  e la battaglia si accende intorno alle “proposte  di stabilità”   del governo Monti, contro il quale per il 27 ottobre è stata programmata una manifestazione, il No-Monti day”
I titoli e le domande sui giornali  riguardano chi si candida, chi non si candida alle prossime elezioni, regionali e nazionali, chi ha coraggio chi non ce l’ha, chi è elegante, chi non lo è, chi rottama e chi è rottamato.
 Un dibattito politico provinciale, e inadeguato, mentre la gente sale sui tetti, sulle gru, e perfino sul Cupolone, per essere ascoltata e rendere visibili le proprie  insostenibili situazioni, per le misure restrittive e recessive adottate dall’Europa degli Stati, connotata a destra.

“ L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro?“Una volta, quando era giovane”. La vignetta di Altan radiografa col suo umorismo nero la situazione.
“Il lavoro è come l’aria: te ne accorgi quando ti viene a mancare”- dice Marco Revelli.
Oppure,- aggiungo io- te ne accorgi  quando le condizioni generali per averlo e mantenerlo peggiorano in modo esponenziale, limitando o facendo scomparire molti  diritti acquisiti.
 E Vendola ha dato appuntamento politico ai candidati delle primarie a Pomigliano, la fabbrica  dove si  fa la Panda, dove la  nuova catena di montaggio è stata  organizzata alla giapponese, “per una maggiore produttività”, e il nuovo contratto di lavoro aziendale, di II° livello rispetto a quello nazionale, ha previsto pause più brevi, tempi di lavoro  anche nel week-end, in presenza di ordini dei concessionari, e una  catena di montaggio peggiore di quella tayloristica, filmata da Charlot in “Tempi moderni”, dalla quale  ora  un operaio addetto non  si deve  mai alzare,  anche a rischio  di beccarsi delle discopatie, per i gesti automatici previsti, come è già accaduto in quella di   Melfi.
Produttività è il nuovo mantra, e il premier ha stanziato 1 miliardo e seicentomila euro per detassare i salari operai, qualora le parti sociali  accettassero  il nuovo contratto aziendale..“Monti for ever! - ha detto Marchionne. E’ l’unico che capisce qualcosa dei suoi problemi.

Intanto  anche nel  II°  grado di giudizio i magistrati hanno condannato la Fiat a riassumere gli operai iscritti alla Fiom, non assunti dopo il referendum del 2010, per aver rifiutato il  nuovo contratto e le sue infernali condizioni.
“Lavorare stanca”, non solo, ma distrugge anche la dignità della persona, e  la Cisl e la Uil, incantate dal miraggio degli investimenti  innovativi promessi, per  20 miliardi di euro, si erano rassegnate accettando tutto.
“Uomini, mezzi uomini, ominicchi e quacquaraquà: mai come oggi la tipologia degli umani disegnata dal mafioso  Don Mariano Arena  nel romanzo di Sciascia “Il giorno della Civetta,” è apparsa più chiara, nella sua nuda verità. Oggi  il grande manager Marchionne, un campione nazionale dell’ultima categoria, sceglie di promuovere una guerra fra poveri, dicendo che la sentenza lo obbligherà a mettere in cassa integrazione una parte del personale, perché la Panda non si vende, e i 2000 operai  dello stabilimento  in  servizio sono più che sufficienti.
Chapeau!-dicono i francesi.  Non si vende per la contrazione del mercato o perché è una macchina  brutta e non innovata?
Landini, che è un vero uomo, ha proposto un contratto di solidarietà, per far lavorare tutti, ma con  orari ridotti,  magari con meno ferie, anche  guadagnando meno: se l’obiettivo è la produttività, è questa la maniera di realizzarla, anche per ottenere , in questi tempi duri,  la detassazione del salario. Questo  ha  suggerito  il Re della Repubblica, l’amato e saggio Eugenio Scalfari nel suo editoriale del 21 ottobre.
Mi aspetto da lui  ora  un altro articolo in cui cerchi di convincere il super- manager ad  accettare la proposta di Landini, come  l’unico modo per rispettare  la dignità operaia sul lavoro, l’equità salariale,  e ottenere  la famosa produttività, anche per  spuntarla  con  la sua   “testa calda”, peraltro super  ben pagata, nella situazione attuale.
                    
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Tornando al dibattito nostrano sulle primarie del PD, abbiamo appreso, grazie a un corsivo del “Corriere della Sera”, che il finanziere Serra, baldo e giovane sponsor della campagna-camper del nuovo  super-mammifero di lusso, Matteo Renzi, ha esportato alle isole Cayman i suoi capitali, per pagare meno tasse.  (come del resto hanno già fatto molti altri, finanzieri o imprenditori!)  Notizia preziosa.
Appaiono quindi assolutamente pertinenti le domande di Bersani e Vendola, che si sono chiesti con quali soldi  il centro-sinistra potrà finanziare la crescita, l’innovazione e lo sviluppo per creare posti di lavoro per i giovani, se  in campagna elettorale un candidato PD  alle primarie  accetta denari  da chi delocalizza capitali  in isole esotiche, privando l’erario delle risorse necessarie. Anche qualora si  vincesse  alle elezioni del 2013 sarebbe eticamente e materialmente difficile farlo.

Renzi, figlio di un democristiano  (che speriamo non  fosse, come d’abitudine, mariolo e mariano)  ha risposto:
1) “che bisogna parlare con tutti, anche con i finanzieri,” soprattutto per le spese della benzina”, tanto aumentata. Il camper ne beve parecchia.
2) lui era  un ammiratore di Marchionne perché aveva detto che avrebbe investito nelle macchine, e se poi ha cambiato idea, beh, anche lui, Renzi,  ora non lo apprezza più.
3) che Bersani ha spostato troppo a sinistra la linea del PD, e che per questo a stento arriverà al 25%, mentre lui, (amatissimo dalle dive azzurre, Zanicchi, Di Girolamo e Minetti),  otterrà senz’altro il 40% dei voti.
4) Non gli piacciono le regole imposte, né per le primarie né per scegliere i propri sostenitori. E’ andato alle vie legali su quella norma, pur votata all’unanimità dall’assemblea del Pd, di registrare gli elettori: una  violazione della privacy.
Paura della trasparenza, o  vuole a tutti i costi scommettere sugli  ex- elettori di destra, favorevoli alla sua candidatura?

Allora mi chiedo: come facciamo a mandare in Europa questo signore, con i suoi calzoncini alla zuava?
 Che cosa avrà da  dire  a  Hollande,  a  Joschka Fisher, o a  Daniel Cohn Bendit? Che li vuole rottamare? La sua vittoria sarebbe “ un cambiamento antropologico” per il centro-sinistra (come ha detto Scalfari.)  Furbo,  si, nello scopiazzare idee e programmi, ma poi mica tanto intelligente!...
Infatti la domanda è: come la pensa  a proposito dell’idea  di votare direttamente il  Presidente dell’Unione Europea fra  le personalità capolista di tutti i partiti, con il loro specifico programma?
Cosa pensa del  progetto che, per uscire dalla crisi,  le tasse  debbano essere  pagate all’Europa, affinchè, nella misura del 23% del  PIL,  venga alimentato un solido bilancio comunitario, per costituire un fondamentale sportello sociale in tutti e 27 paesi: il salario minimo garantito? E altro ancora, naturalmente.
Se non volesse impegnarsi su temi in cui non è competente,  potrebbe  restare a fare bene il sindaco di Firenze, “il mestiere più bello del mondo” per il quale è stato eletto,  in una città di sogno, che ha tanto bisogno di lui.
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E ora torniamo al progetto serio, al manifesto politico per l’Europa Federale nel libro “Europa! In Piedi!”

Ho riletto recentemente “Doppio Diario”, un libro autobiografico  di Jaime Pintor, germanista, di famiglia alto-borghese sarda, scritto fra il 1939 e il 1942.
  Intellettuale di primo piano,  Pintor aveva vinto i Littoriali della cultura, ed era però collaboratore della nascente casa editrice Einaudi, per la quale traduceva Rilke, lavorando di concerto  con altri intellettuali antifascisti, di Giustizia e libertà, come Leone Ginzburg, Massimo Mila, Cesare Pavese. Collaborava con la rivista di fronda “Primato”, diretta da Bruno Bottai, sulla quale scrivevano anche altri antifascisti,  intellettuali  come Alicata e Trombadori, e anche mio padre, Carlo Muscetta. Pintor era ufficiale dell’esercito, e costretto a fare il servizio militare, aveva perduto tutto il suo tempo prezioso, sottraendolo alle sue vivissime curiosità intellettuali.  Aveva capito che il militarismo nazi-fascista avrebbe portato l’Italia, la Germania e tutta l’Europa alla rovina. E, proprio  su Primato, in tempi aspri di guerra, scriveva durissimi articoli contro la guerra (oggi pubblicati  in volume  “Il sangue di Europa” (Einaudi).
Se a quell’epoca si trattava di liberarsi del fascismo e del nazismo, per  poter ristabilire la pace e la democrazia , che cosa sognava l’antifascista Altiero Spinelli nel carcere di Ventotene, se non  “l’Europa unita? L’utopia è la luce necessaria quando si è nel buio. (Ha ragione Veltroni che lo cita nel suo ultimo romanzo, L’isola…)

Da Stoccolma l’Unione Europea ha ottenuto il Premio Nobel per la pace.  Dal ’45 a oggi, siamo riusciti in 60 anni a creare un mercato unico, per la libera circolazione delle merci, senza dazi o dogane, a consentire la libera circolazione dei cittadini europei, e siamo approdati alla moneta unica, liberata dal pesante tasso dei cambi delle monete nazionali, diventando  un esempio di collaborazione economica e pacifica nel mondo, per l’Unione Africana, per  l’Asean, nell’Asia del Sud, e per il Merco-sur in America Latina.  Abbiamo conquistato 60 anni di pace e di relativo benessere.
Un premio  dunque , ben meritato, ma che riguarda soprattutto il passato.
Oggi invece  siamo in una crisi nera, economica, demografica,ecologica, politica e istituzionale.
 “Siamo un monumento storico, di 27 stati membri, tutti responsabili, con i loro egoismi nazionali, della crisi dell’euro,della recessione, dell’austerità, della totale inazione politica.
Il progetto europeo, sognato durante la Resistenza dagli uomini migliori (Monnet, Shumann,De Gasperi, Spinelli), oggi non è più difeso né  dai cittadini né dai leaders politici, favorevoli allo statu quo.
Siamo al bivio: o avanziamo  verso l’Unione Europea Federale,  o rimarremo una Confederazione di Stati nazionali, in lotta fra loro, con una strategia di piccoli passi, totalmente marginalizzati di fronte ai nuovi Stati-continente: Usa, Cina, India, Brasile, super  dinamici  e competitivi sul piano economico.
Oggi  ognuno degli Stati nazionali, per quanto forte sul piano produttivo, non può far nulla contro la mondializzazione, o contro la crisi finanziaria.
L’Europa non è una soluzione ideologica: è il solo modo giusto per poter sopravvivere.
                                     
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II°  L’Euro: la moneta odioso-amata.  
Che cosa non ha funzionato? In  Italia un movimento di destra come la Lega sta raccogliendo firme per un referendum. Euro : si o no?
 Nel dibattito col giornalista di Libération, Jean Quatremer, i due autori  del libro ripercorrono l’itinerario politico che ha condotto Kohl e Mitterand   a scegliere la moneta unica nel 1985.

L’Euro  è stato pensato per evitare l’egemonia tedesca, e integrare il paese  il più possibile all’Europa, ma non hanno pensato  alle conseguenze di una moneta senza Stato  e  governo forte. E, per non correre il rischio che tutto si bloccasse, non hanno deciso insieme  tutte le misure indispensabili,  scegliendo  il costo minimo immediato.
Ma un processo politico non è automatico: deve essere frutto di una volontà collettiva.
Il marco tedesco, di grande peso economico nell’economia mondiale, aveva compensato i tedeschi della sconfitta bellica, sbarazzandoli da ogni ambizione politica. E’ stato  quindi sacrificato, mentre il franco non aveva  per la Francia  lo stesso peso. E lo sforzo monetario ha  quindi esentato gli Europei da ogni altro sforzo, peraltro ultra-necessario : politico-istituzionale, fiscale, buggettario, sociale.

Nella storia americana è accaduto il contrario:
avevano deciso di ribellarsi ai colonialisti inglesi, con una vera rivoluzione, poi  nel 1787, a Filadelfia,  hanno deciso di creare una Federazione politica, gli Stati Uniti d’America,  rinunciando al voto all’unanimità: erano 9 favorevoli e 4 contrari. (Oggi sono invece  50!)  Due anni dopo hanno costituito una Tesoreria, con  i certificati, e il dollaro è nato solo nel  1791.

Da noi è avvenuto il processo opposto: e, anche se è stata una scelta geo-strategica giusta, la moneta  euro senza Stato non poteva  funzionare. Oggi   ci resta molta strada da fare per convincere i mercati. Il federalismo è la strada giusta: uno stato centralizzato come la Francia non può  essere un modello  in un continente dove ci sono 27 lingue e culture  diverse.
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2) L’Europa è stata una promessa mancata sul piano economico? Avevano parlato di milioni di posti di lavoro, con molta prosperità: tuttavia senza avere un  mercato unico oggi la disoccupazione sarebbe molto più alta. Nel 1985 non c’erano paesi in  competizione con noi, oggi invece abbiamo contro la Cina, l’India, il Brasile.
Inoltre fino al 2008, prima della crisi scoppiata negli Usa, la disoccupazione era bassa. Con  bassi  tassi di interesse  abbiamo potuto finanziare i debiti.   E di fronte alla crisi americana del 2008  l’euro è stata una diga: senza la moneta unica ci sarebbero state  ondate di svalutazione e di inflazione.
Ma il grosso errore è stato non realizzare alcuna  riforma per assicurare la nostra  competitività.

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III°  Il ruolo della Germania dal ’45 a oggi : meriti e responsabilità nella crisi attuale.

Il paese dopo la guerra aveva un immenso debito pubblico (80%) .Gli americani però non vollero fare lo stesso errore commesso alla fine della I° guerra col Trattato di Versailles, che mise in ginocchio il paese, imponendo il risarcimento del debito, consentendo, anche grazie alla crisi economica del ’29,  la nascita del nazismo  nel 1933.
Quindi, col piano Marshall, nel 1950, gli Stati Uniti diedero  alla Germania e agli altri paesi in guerra,  il tempo  necessario per riformarsi: forse i tedeschi dovrebbero ricordarsene,  e oggi essere più generosi con i debiti contratti dalla Grecia, magari  anche risarcendola dei danni  che le avevano inflitti durante la guerra, (cosa che ancora non hanno fatto!.)
La Grecia aveva un’economia grigia, fondata su un clientelismo politico e sull’evasione fiscale, con una frode sistematica per poter integrare l’euro.
 Il suo debito pubblico nel 2008  era  tuttavia di dimensione ridotte (16 miliardi di euro), ma nel 2009-2010 le banche francesi e tedesche hanno cominciato a sbarazzarsi dei titoli pubblici greci, perché non davano più garanzie. Le agenzie di rating  l’avevano declassata  e il suo debito è diventato una grande occasione di   investimento speculativo.
Con una maggiore e generosa velocità  tempistica  la Germania avrebbe potuto aiutare il paese, evitando il colossale aumento del debito:  i mercati hanno cominciato a dubitare della solidità della zona euro, e la crisi ha investito il Portogallo, la Spagna e l’Italia.
Senza solidarietà l’Unione Europea non era un’unione.
                              
Eppure nel dicembre del  2008, Steimbruck, ministro delle finanze della grande coalizione in Germania, d’accordo con Cristine Lagarde, ministro delle finanze del governo di Sarkosy,  Junker, dell’Eurogruppo e Trichet, allora capo della BCE, avevano affermato , nel febbraio 2009, che l’Europa sarebbe stata solidale con i paesi in difficoltà.
 Invece  la linea cambiò dopo   l’avvento dei liberali al governo, nel dicembre 2009, e per 2 anni la Merkel era stata, secondo Sarkosy, addirittura pronta a lasciare  la barca Europa e a separarsi dall’euro.
Recentemente anche Kohl ha duramente criticato l’intransigenza della Merkel  e la sua estrema rigidità finanziaria sul pareggio di bilancio, dicendo:”La piccola mi sta sfasciando la mia Europa”.
E  anche Joschka Fisher,  ecologista-verde, ministro degli Esteri al tempo della grande coalizione, ha commentato:” La Germania non è mai stata tanto isolata in Europa come oggi, e sarebbe veramente tragico se, dopo essersi rovinata per ben 2 volte nel XX° secolo, ed essere riuscita nel 1989 ad unificarsi, per aver convinto  i partners occidentali  di aver imparato la lezione, aderendo  al progetto Europeo, oggi  ne provochi la rovina, per la terza volta, con mezzi pacifici e  le migliori intenzioni.”

Nel 2011, decidendo di ristrutturare il debito greco, Angela Merkel  ha salvato gli interessi delle banche franco- tedesche che speculavano sullo stesso. Ha pensato “locale”, ai suoi interessi nazionali, a detrimento della solidarietà europea necessaria.
Eppure, se l’euro sparisse, la prima a soffrirne economicamente sarebbe proprio la Germania, che ha guadagnato molto bene nelle sue esportazioni  manifatturiere,anche grazie alla moneta unica. Col marco forte nessuno le avrebbe comprate.
Quindi  oggi  le cose stanno pian piano cambiando.  La Troica,(F.M.I, UE, e BCE), riunita ad Atene,  ha deciso di accordare altri 2 anni  al governo greco per riformarsi e  poter saldare il deficit in un lasso di tempo maggiore.  All’orizzonte in Grecia  si profilano i fascisti di Alba dorata” …Finalmente anche la Germania ha capito..
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 Oggi appare   quindi  indispensabile  una parziale mutualizzazione dei debiti pubblici  da parte dell’Europa, per far abbassare i tassi di interesse sullo spread, letali per i paesi del Sud.
 L’esempio dell’Italia mostra che l’austerità e la riduzione della spesa pubblica non bastano per battere la crisi. 
Solo quando la BCE di Draghi ha cominciato a muoversi come una FED, una banca federale, comprando i  nostri titoli di stato, dopo la riunione del 18 ottobre,  lo spread è riuscito a scendere,  a 350 euro, facendoci risparmiare 5 miliardi di euro  sugli interessi da pagare. 
Draghi ha posto così le fondamenta di un Ministero del Tesoro Europeo, che domani potrebbe emettere anche euro-bonds per  tutti i risparmiatori.
La Bce  è stata  però molto criticata. E’  andata al di là di quanto le consentiva il suo statuto? Forse, ma Draghi ha detto che in un momento tragico di rischio per l’Euro e per l’Europa, bisognava fare qualcosa. E oggi 24 ottobre va al Bundestag a Berlino per difendere l’euro a fronte degli euro-scettici della destra tedesca.
Aspetta  però le  decisioni politiche  prese a Bruxelles  perché si vada verso una vera governance  di una UEF  che dia alla BCE  tutti i  poteri  ad essa negati dal trattato di Maastricht.
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Dopo aver messo in moto la strategia dell’austerity in tutti i paesi per sanare i debiti pubblici, inserendo il fiscal compact nella Costituzione,  A.Merkel  tuttavia non crede alla necessità di una Banca Europea per gli investimenti,  (che invece era un caposaldo per J.Delors),  per accompagnare le riforme strutturali necessarie alla crescita e allo sviluppo, con una minacciosa conseguenza sullo stesso equilibrio dei bilanci, che pure è convinta di dover difendere.

Invece la road map, messa in  moto a Bruxelles  il 28 e il 29 giugno, è stata molto importante, perché  ha previsto  un’Unione bancaria europea, che implica  la sorveglianza da parte della BCE su tutte le banche europee, anche per chiuderle, se ancora provviste di titoli tossici, e obbligarle a tassare le transazioni finanziarie internazionali.
Unione bancaria  che, nella riunione del 18 ottobre scorso,  ancora Angela  Merkel non ha voluto nell’immediato, rinviando il tutto  alla fine del 2013, dopo le elezioni tedesche.

b) Inoltre la Merkel   continua a rifiutare  la mutualizzazione parziale del debito da parte dell’Europa, (proposta dal Presidente della Commissione Barroso nel suo  libro verde), e preferisce utilizzare i fondi del Fondo Salva Stati e del Meccanismo europeo di stabilità, tutti pagati dai contribuenti europei, tedeschi in particolare, e non dalle banca Bce, che invece potrebbe  assicurare a tutti i paesi del Sud  una maggiore tranquillità.
 ( Rajoy è per questo disperato, perché costretto in un momento difficile per il suo paese, con la gente in piazza, a finanziare lui ancora per un anno e mezzo  le banche spagnole,  per poterle ricapitalizzare, mentre sperava nella BCE,  senza dover  chiedere aiuti al FSS, o all’MES, che gli  costeranno molto cari.). Al riguardo, 
Monti e Hollande non sono  stati affatto d’accordo con la Merkel.
                                          
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IV°  Qual è allora la linea proposta nel loro manifesto da Daniel e da Guy?  (che ora sono diventati  per me  delle persone di famiglia).
Gli stati nazionali europei  non possono proteggere i loro cittadini nel mondo globalizzato degli altri Stati continentali, che sono divenuti in 10 anni dei veri e propri imperi  (Cina, India,Brasile,Usa).
Dobbiamo diventare anche noi  un polo continentale, ed è sotto la pressione della crisi che potremo riuscirci: siamo infatti con le spalle al muro.
Il metodo intergovernativo con le decisioni al vertice franco-tedesche, non basta più: gli incontri  calmano i mercati per 48 ore, e poi tutto ricomincia con gli spread altissimi.

Il Consiglio d’Europa non può essere il motore del federalismo: infatti  è il sindacato degli Stati nazionali, e con loro fa il bello e il cattivo tempo.  Infatti nomina il presidente della Commissione, che diventa, di fatto, il suo Segretario, mai in grado di  decidere proposte importanti (come  ad es. quella della mutualizzazione parziale del debito, pur  indicata nel Libro verde ), per timore di urtare la potentissima Cancelliera tedesca.

 Nel 2006 il libro di G. V “Gli Stati Uniti d’Europa” aveva fatto scandalo, pur riprendendo il progetto dei padri fondatori, soprattutto  quello di Altiero Spinelli. Ora, con il Manifesto, ritornano proprio quelle idee luminose
                          
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V° La Commissione deve diventare un Governo, con veri e propri ministri, controllati dal Parlamento europeo, dotato di poteri legislativi

Deve poter creare un Fondo Monetario Euroopeo, a somiglianza del F.M.I,  E anche un Ministero del Tesoro europeo per mettere fine alla crisi del debito a lungo termine. Gli europei dovrebbero poter  investire i loro risparmi in euro-bond.
 ( Infatti se sul piano nazionale i risparmiatori non credono più di poter riavere indietro i loro soldi, un mercato di euro-bond potrebbe  ristabilirebbe la fiducia).
     1) per coprire i debiti a tasso basso
2) raccogliere finanze necessarie al rilancio economico
3) avviare solidamente la crescita, per la quale occorrerebbe  un Ministero delle attività produttive

VI° GREEN ECONOMY:
Per crescere occorre cambiare modello di sviluppo e finirla con i combustibili fossili.
Il Motore dello sviluppo saranno le energie rinnovabili, ripiazzando l’Europa come leader mondiale di  pannelli  fotovoltaici e di pale eoliche di qualità. Per un’economia durevole è necessaria una ristrutturazione per accrescere la competitività e rispondere alle esigenze di sostenibilità ambientale.

Obiettivi:
a)          diminuire gas con effetto serra
b)          sconfiggere i disastri ecologici che amplificano le crisi economiche e sociali,  provocando il degrado climatico, la riduzione della bio-diversità, la rarefazione di acqua, cibo, e energia

Quali  allora i vantaggi del Green-deal e in quali settori?
1) Per l’edilizia :  il rinnovamento dell’habitat consente di non de localizzare  il lavoro e intraprendere sul territorio . Ridurre il peso delle bollette per le famiglie  Creare posti di lavoro.
2) Per i trasporti (individuali e collettivi)
3) per l’Agricoltura
4) per i rifiuti (compostaggio, riciclaggio, energia)

VII° Tasse e bilancio comunitario
Sono queste  le condizioni cruciali per un federalismo reale.

Occorrono tasse specifiche per alimentare un bilancio comunitario, che dovrebbe pesare almeno al 23% del Pil, come negli Stati Uniti (dove i cittadini pagano la metà delle loro tasse allo stato di appartenenza, e l’altra metà allo Stato federale.)
Questo consentirebbe  anche all’UEF di legittimarsi agli occhi degli europei,  assolvendo con le risorse proprie ad un importante ruolo sociale : uno zoccolo minimo di diritti, valido per tutti i  27 paesi.

Non può più permettersi di essere, come hanno finora voluto i britannici, solo un mercato unico.
Finora è lo Stato nazionale che ha praticato l’assistenza sanitaria, i sussidi di disoccupazione, la pensione, i corsi di formazione- (scuola e università),  l’esercito per la difesa. Tutto questo ora deve spettare all’Europa, per creare il legame necessario tra cittadini e il Governo a Bruxelles. Quindi è necessario cedere quote di sovranità per consentirle di avere le risorse giuste.
 I popoli europei  per avere  questi diritti hanno dovuto fare una lotta di liberazione, ottenendo la loro Costituzione di garanzia. Ma oggi, a causa del debito, lo stato nazionale, pur aumentando le imposizioni fiscali,peraltro non secondo modalità progressive, è costretto a tagliare la spesa pubblica, i diritti acquisiti,  e non riesce più a svolgere correttamente tutte  le sue funzioni. 
Ci sono 2 commissari europei che intervengono  già duramente per verificare i nostri bilanci. Si tratta di una dittatura tecnocratica inaccettabile.
E tutta l’Europa è scesa in piazza, per protestare sia per la mancanza di lavoro sia per il taglio dei diritti acquisiti
  Il 14 novembre ci sarà a Bruxelles una manifestazione dei sindacati europei, per esigere un vero Servizio sociale europeo, che consenta di trovare lavoro per 2 anni in uno dei 27 paesi, finanziandolo col nuovo bilancio comunitario e con le imprese.
Altrettanto dicasi per  la formazione universitaria, l’Erasmus, che, dopo essere stato un successo, rischia di sparire se non ci saranno fondi.
Finora sono stati gli Stati  ad alimentare il bilancio europeo (21 miliardi la Germania e 20 miliardi la Francia), soprattutto per controllare l’Unione, ed evitare che  i cittadini possano dire la loro. Ma ora  dobbiamo uscire dalla logica nazionale e cominciare a pensare europeo, pretendendo un  nuovo  Stato continentale, che  difenda i nostri diritti, i nostri valori  e provveda ai nostri bisogni, per poter finalmente  vedere cambiamenti  positivi nella nostra vita quotidiana .
La questione cruciale sono le tasse. Se le paghiamo noi all’Europa,  vorremo  anche sapere come sono stati spesi i nostri soldi  ed esigere  che la  rappresentanza eletta  ce ne renda conto,con risultati tangibili. (A livello nazionale, almeno in Italia, questo non è più possibile. I nostri soldi li rubano i politici.)
Il bilancio comunitario, così alimentato, sarà la prima espressione di sovranità,  e il 23% del Pil dovrebbe corrispondere a  1200 miliardi di euro.
Se lo lasciamo  da gestire agli Stati, fra il 2014 e il 2020,hanno già detto di volerne  ridurre  l’ammontare, che era già poca cosa.
Perché per evitare la solidarietà necessaria  fra paesi ricchi e poveri e la mutualizzazione delle risorse,  i governi hanno preferito costituzionalizzare il fiscal compact.
Questa regola uguale per tutti non ha senso: negli Usa i singoli stati  non sono sottoposti alle stesse regole.
Si parla soprattutto di un grande debito federale, ma non dei debiti locali.
 Allora è certo che se avessimo avuto un bilancio comunitario di 1200 miliardi di di euro non avremmo in Europa la crisi del debito in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia, e il crollo di una piccola economia come la Grecia non sarebbe sufficiente per scatenare una crisi globale in tutto il continente.

A) Bisogna  dunque autonomizzare le risorse, prima che gli stati le riducano.(E per aumentarle si potrebbe far leva  sulla carbon-taxe, sulla telefonia mobile e internet, e sulla taxe Tobin. )

B) Si potrebbero mutualizzare le spese: diplomazia e difesa devono essere  in comune. Invece di 2 milioni di uomini, l’esercito europeo dovrebbe averne 400.000,  super tecnologicamente equipaggiati , e costerebbe meno di 27 eserciti, per difendere valori e sovranità del Continente.

c) Inoltre potremmo  avere anche un servizio di protezione civile europeo,  capace di intervenire in caso di terremoti, inondazioni, disastri ecologici.

I conflitti dobbiamo risolverli col negoziato, col diritto, creando spazio economico e sociale per alimentare il benessere. Se vogliamo rafforzare il senso di appartenenza  non sarà col sangue, facendo una guerra contro la Siria o l’Iran,  ma andando  a vivere, a studiare e a lavorare in un altro paese europeo
                               
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VIII° Europa:  continente dello Stato di diritto
. L’Europa non è un progetto bellicista, non vuole esportare la violenza, ma la norma.   Nel mondo per i diritti umani resta molto da fare
 Risultati conseguiti finora:
a)          La Corte Penale Internazionale, ha sancito l’idea del diritto cosmopolita, per proteggere la gente.
b)           Azioni per i diritti umani  e sociali delle donne (contro l’eccisione in Africa, la lapidazione, la schiavitù, la xenofobia, contro la discriminazione dei generi, per il diritto allo studio e al lavoro, contro la pena di morte.

 In  Europa c’è ancora da combattere contro i rischi di disfattismo, di populismo,  di ostilità al multi –culturalismo,
  Una lotta  ancora dura contro  movimenti fascistico-autoritari, xenofobi,  (come Alba dorada,  in Grecia, la Lega e Forza Nuova, in Italia, il governo apertamente fascista in Ungheria).

 IX° L’Identità

Oggi in Francia  a Poitiers, su una moschea in costruzione sono apparsi gli striscioni di giovani: “Génération identitaire”,  contro l’invasione islamica, con un mito storico, quello di Carlo Martello che  aveva bloccato con la sua vittoria  à  Poitiers l’ invasione della Francia da parte degli arabi.
Democrazia significa rivolgersi all’intelligenza delle persone e non alla pancia istintuale.
L’identità è plurale, e non è una camicia di forza.  L’individuo non è un bunker etnico, culturale o religioso. Può sempre scegliere e cambiare.  Altrimenti  l’Altro diventa un nemico da abbattere.
Il Multiculturalismo è pertanto una forza essenziale della modernità, che rende l’uomo e la donna plurali, dotati di un’identità molteplice, per rimettere in discussione le proprie visioni  abituali di vita,  e consentirci di aprire all’alterità.
X° °   Strategie europee per l’Immigrazione .

E’ ormai  diventata  una necessità,  perché invecchiamo e abbiamo bisogno di giovani, in età di lavorare, che vogliono casa, scuola, vita sociale, e luoghi di culto.
 Le nostre  frontiere non  debbono più essere nazionali,  ma europee.
Quindi gli afflussi di immigrazione debbono essere discussi nello spazio europeo, e non in quello  nazionale.

XI°  Dobbiamo tornare al Protezionismo per proteggerci dai rischi della globalizzazione?
a) Impossibile, perché ormai siamo tutti interconnessi, e se blocchiamo la vendita di un prodotto straniero, c’è il rischio di ritorsioni su un  prodotto nostro. Ma il libero scambio attuale non è soddisfacente: occorrono regole, norme minime, sociali, sindacali,  e ambientali che gli Stati nazionali non sono più  in grado di imporre da soli,  precipitandosi ciascun paese a vendere i propri gioielli ( La Germania le automobili, i francesi i TGV o i reattori nucleari, l’Italia i  suoi prodotti di lusso.
I Cinesi conoscono solo i rapporti di forza, e solo l’Europa federale sarebbe in grado di imporre  le  regole giuste per la concorrenza, facendole valere al WTO. (tanto più che nel Wandong li dove si fanno le componenti per i  computers della Apple, gli operai hanno già cominciato a scioperare, per i salari di fame e gli orari di lavoro impossibili.)
b)  Ogni paese lotta da solo  contro l’evasione fiscale,  nei paradisi.  Ma se l’Europa imponesse alla Svizzera di fornire informazioni  sui conti depositati nelle sue banche, potrebbe  farlo  molto meglio degli Stati Nazionali, (Germania e Gran Bretagna), minacciando la radiazione delle filiali bancarie svizzere in tutto il territorio europeo, come hanno fatto, con ottimi risultati, gli Stati Uniti.

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XII° Road map : itinerario dopo le elezioni 2014

 Il ministro delle finanze tedesco Schauble ha fatto una proposta importantissima: di eleggere il presidente della Commissione Europea  a suffragio universale,  che così  avrebbe così la legittimità necessaria per parlare coi governi nazionali.
Emma Bonino nell’intervista a Repubblica TV si è detta perfettamente d’accordo, per scegliere il nome tra i capolista presentati dai vari partiti.
Un Presidente europeo eletto direttamente dai cittadini sarebbe un vero punto e a capo per il cambiamento.
 Se invece fosse eletto dal Parlamento Europeo, occorrerebbero liste trans-nazionali per una fase di transizione, affinchè il Parlamento europeo  non sia più, come ora, una giustapposizione di liste elettorali  nazionali
                                     
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1) Subito dopo le prossime  elezioni del 2014  il Parlamento uscito dalle urne si proclami  Assemblea costituente.

2)  La Costituzione dovrebbe essere un testo breve,  in cui vengano  definiti i principi federali,  senza ripartire dai trattati esistenti.   (Maastricht e Lisbona)

 3) Il testo  dovrebbe essere votato per referendum in tutti i paesi, a doppia maggioranza, degli Stati e dei cittadini.
Gli Stati che dicono no all’Europa, dovrebbero decidere per referendum se restare nella nuova Europa federale  o andarsene da soli.

4) Occorrerebbe un Convenzione, che, abbandonando la regola dell’unanimità,  prevedesse  eventualmente un’Europa a 2 velocità.
Il federalismo  non si farà a 27, sarà solo con i paesi che ci staranno.
E  i britannici  che sono contrari  dovranno decidere se entrare in Europa o diventare il 51° stato degli Usa.

5) Bisogna uscire dalla visione dell’Europa attuale, Confederazione  degli Stati nazionali,  ed entrare in quella di U.E.F, in cui la sovranità  sarà condivisa.  Saranno gli Stati Uniti dell’’Europa dei cittadini.

5) Tuttavia per difendere gli interessi degli Stati nazionali occorrerebbe poter eleggere , oltre al  Parlamento, anche un SENATO, che potrebbe prendere il posto del Consiglio d’Europa il quale finora ha fatto la  pioggia e il bel tempo agli ordini della Germania. 
Le  leggi-direttive del  Nuovo Governo sarebbero approvate dalle due assemblee, come avviene negli Usa.
 Ma non sarà prima del 2016.

5) Sarà necessaria una Alleanza pro- Federazione europea, di tutte le forze politiche, (verdi-ecologisti, socialisti, partito popolare, liberali e conservatori.)
Non un asse destra-sinistra, ma da un lato  pro Unione Europea Federale , e dall’altro,  i  favorevoli alla  Confederazione degli Stati nazionali attuale, mantenendo lo  statu-quo, oppure, terzo incomodo,  quegli euro-scettici, di destra e di sinistra, che voterebbero volentieri il referendum contro l’euro, (sapendo che se vincessero, da soli, con le monetine nazionali, non  potrebbero mai reggere di fronte alla concorrenza degli  Stati continentali, e non ci proteggerebbero affatto)

6) Bisognerà organizzare le primarie trans-partisans, indicando grandi personalità da  candidare  alla presidenza europea,  da eleggere a suffragio universale.
( Per es. G.V liberale belga, D.C.B, verde-ecologista, il socialista M.Schulz, il conservatore svedese Carl Bild, e forse anche Mario Monti, che dovrebbe  scegliere fra il Ppe e i liberal-democratici.

6) Ogni cittadino dovrà avere il passaporto europeo, per poter votare e per potersi candidare in più paesi.
( E anche i  rottamati del Pd avrebbero le loro  carte da giocare)

7) Non chiedetevi più ciò che l’Europa può fare per voi, ma ciò che voi potete fare per l’Europa Federale :  non  si tratta di  un miraggio, ma di  un’utopia plausibile, un progetto politico reale per il futuro.
 Non riguarda né i politici né i banchieri, ma tutti i cittadini critici dell’esistente,  che vogliono creare un vero spazio politico europeo.


Conclusione:

Ci aspettiamo quindi  che lavoratori, agricoltori, sindacalisti, scrittori, giuristi, funzionari, imprenditori, economisti,scienziati, insegnanti, docenti universitari,  architetti, storici, appassionati difensori della cultura e del patrimonio, leggano questo Manifesto e  partecipino al dibattito, prima delle prossime elezioni europee.
Obiettivo:  evitare che l’euroscetticismo generale vinca,  lasciando intatti gli squilibri  della globalizzazione economica e finanziaria,  avviandoci, per questo, verso un inarrestabile  declino.