giovedì 22 gennaio 2015

Intelligence o Cretinence? Chi ha vinto?

I Servizi francesi furono avvertiti da quelli algerini: era in  preparazione un grosso attentato a Parigi, e   Charlie Hebdo, con le sue vignette,  era un obiettivo possibile. Ma  il poliziotto musulmano di guardia al giornale non aveva nemmeno un giubbotto antiproiettile!...
 L’Intelligence non ha dato alcuna importanza a questi avvertimenti né predisposto alcuna coordinazione con le forze dell’ordine!...Quando si sono visti 88.mila poliziotti alla ricerca dei 2 attentatori senza conseguire alcun risultato abbiamo pensato che ci voleva una bella vignetta umoristica1
Per fortuna avevano lasciato una carta d’identità nella macchina che li aspettava, e si è quindi scoperto che in passato erano stati arrestati  e poi rilasciati. Si erano addestrati militarmente nello Yemen.  Forse qualche responsabilità per i 17 morti ce l’hanno soprattutto i Servizi. Ha trionfato la Cretinence!...
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Nel 2001  dopo l’attentato alle Due Torri  abbiamo detto: “Siamo tutti americani!”. Ma già 6 anni prima i fondamentalisti avevano fatto in Algeria migliaia di morti per imporre la sharia,estendendo la loro azione anche all’aereoporto di Marsiglia. Ma non ci siamo schierati con loro per protestare.
Credo che all’interno delle comunità islamiche la grande battaglia debbano farla le donne.
Quando nelle scuole pubbliche in Francia si imponeva di non portare il velo, simbolo religioso inammissibile  in una repubblica laica, le ragazze algerine vivevano dimidiate tra la cultura delle mamme e delle nonne che il velo lo avevano sempre portato e le loro compagne di scuola, libere da qualsiasi imposizione.
Al teatro della Crièe a Marsiglia era stato organizzato  al riguardo un dibattito, e un’algerina, Fadela Amara, aveva detto: negli anni ’80 avevamo cominciato a godere di una certa  libertà. Ma tutto è crollato negli anni ’90 con la disoccupazione di massa che ha bloccato l’integrazione. C’è stato l’avvento del fondamentalismo islamico, con un ripiego identitario sulla nostra origine.
Nei quartieri di periferia le ragazze avevano problemi:  i loro fratelli non avrebbero potuto uscire dalla loro condizione. Miseria, droga, violenza e problemi con le autorità: unica uscita la prigione.
E loro? Sole!
L’8 marzo erano quindi venute alla ribalta con un movimento femminista. Cominciavano a stigmatizzare il comportamento dei loro fratelli, padri, fidanzati, cugini,e amici all’origine delle loro sofferenze personali: excisione, prostituzione, matrimonio forzato organizzato in famiglia. La lotta per migliori condizioni di vita riguardava tutti,  maschi e femmine: scuola, lavoro, salute, alloggio, tutela della famiglia, insomma quell’ascensore sociale negato dalla crisi economica.
 I ragazzi  sono rimasti come al Medio Evo,- diceva Malika. Mentre Fatima sosteneva che senza lavoro e senza soldi si fanno buttar fuori dalle discoteche, impossibile avere relazioni sessuali, e  quindi sfogano la loro frustrazione sulle ragazze. Lo stupro individuale o collettivo è una prassi ordinaria. Ci sorvegliano: guai se portiamo le gonne, i jeans sono la nostra cintura di castità, e se ci ribelliamo, botte, pugni e occhi au beur noir!...Le madri arrangiano i nostri matrimoni, e ci tocca mostrare il lenzuolo sporco di sangue alla famiglia dello sposo per averne il rispetto!... E’ ora di farla finita. Il nostro slogan “ Ni putes ni soumises!”
Le ragazze, francesi di nazionalità,  non possono vivere come in Algeria.Quindi ritenevano urgente firmare un manifesto per allertare i pubblici poteri.
“Le Autorità parlano dei problemi delle periferie solo al maschile. Noi siamo donne e rivendichiamo la nostra libertà per avere giustizia.”
Quindi la cittadinanza francese non era tutto: liberté, égalité, fraternité per loro era rimasta lettera morta.
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Nel marzo del 2000 c’era stata alla Cité du livre di Aix en Provence una grande manifestazione sulla Creatività nel Mediterraneo. Scrittori, scrittrici cineasti, documentaristi erano intervenuti.
 Le donne scrittrici avevano da molto lasciato l’Algeria, e vivevano in Francia ( Come Assia Jebar, la decana, che stava da 40 anni a Lione. Salima Ghezali, minacciata dai fondamentalisti per la sua campagna alla radio, aveva pubblicato il suo primo romanzo: “Les amants de Sheerazade”
 Le donne algerine erano state tradite dal Partito Unico, divenuto il supporto del clericalismo più bieco, malgrado  esse avessero partecipato attivamente alla resistenza contro il colonialismo francese.

A Aix en Provence era presente Horrya Sahi, giornalista della televisione algerina,  Alta, bel portamento, occhiali da intellettuale, era venuta a presentare il suo documentario.
 Le elezioni del’ 93  avevano dato la maggioranza agli islamici: erano quindi state annullate, e avevano determinato  una  violenta reazione fondamentalista che, soprattutto all’interno del paese, aveva fatto migliaia di morti per anni.
 Horrya aveva intervistato una donna, un ex militante del Comitato di liberazione nazionale, alla quale i francesi avevano ucciso il marito e ora i fondamentalisti le avevano sgozzato il figlio. Una donna semplice, una delle tante vittime della furia islamica.
 Horria l’aveva filmata per una trasmissione alla Tv algerina e aveva ricevuto a Washington il premio per il reportage più coraggioso. Col denaro del premio aveva potuto affrontare le spese per gli studi della figlia, Maya, all’Accademia dei belle arti ad Avignone. Poiché lei era stata minacciata di morte, che almeno Maya vivesse tranquilla e incolume in Francia.
Lei, Horrya era protetta nella notte dai suoi vicini ma non dalla polizia. Lei sapeva che i massacri erano organizzati e mirati.
 L’esercito era dietro le quinte, e sarebbero durati finchè  gli algerini non si fossero piegati alle richieste del Fondo Monetario internazionale, finche non fosse stata distrutta ogni briciola di protezione sociale attuata dal partito unico negli anni Sessanta- Settanta. Gli algerini non potevano essere più degli assistiti, dovevano prendersi in carico. La scuola funzionava per i redditi medio-alti. I poveri dovevano arrangiarsi, e scegliere se vivere nelle bidonvilles o emigrare. Quei bimbi erano cresciuti nell’indigenza,  facilmente manipolabili, e ora sgozzavano su ordinazione, prezzolati, comunque in nome di Allah, per conquistare il paradiso almeno dopo la morte, visto che sulla terra c’era l’inferno.
 Sulla costa il paese si era evoluto: in città come Orano arabi, ebrei e cristiani  convivevano senza problemi, ma non così nell’interno.
 Avevo invitato Horrya ospite a casa mia con sua figlia Maya, perché potessero godere  di un po’ di tranquillità.
 Horrya aveva molti problemi, anche al lavoro, dove il suo coraggio era considerato anomalo. Non credeva alla politica del perdono del Presidente Bouteflika. Era un escamotage per coprire il volto degli assassini che agivano all’ombra della divisa.
Invitata ad andare a Rodi, al Forum della donna del Mediterraneo, per invidia i suoi colleghi avevano intercettato  l’invito e risposto negativamente:” non poteva andare a rappresentare le donne algerine perché persona non grata”.
 Avevo allora telefonato ad Aliki Moschis Gauguet, organizzatrice del Forum, perché le inviasse al suo domicilio il biglietto di aereo, e aveva potuto partire solo alla vigilia del Congresso, con un visto europeo per un soggiorno di 3 mesi.
Ma non le perdonarono il suo intervento, apertamente critico nei confronti di Bouteflikà.
 Non era la sola però: anche l’attrice Isabelle Adjany, di origine algerina, non era presente alla cena organizzata all’Eliseo in suo onore, e aveva lasciato il seggio vuoto “ per non avallare in un’occasione mondana una linea politica inaccettabile” “Bouteflika? Sette tipi di ambiguità.
Horrya , rifugiata politica , era  ad Avignone  per curare sua figlia Maya, malata di depressione nervosa, e aveva ottenuto un prolungamento del permesso di soggiorno a un anno.
 Ora madre e figlia  lavorano insieme in Francia  e non sono tornate. Questa è la realtà  che gli interessi per i giacimenti di gas e petrolio hanno a lungo occultata in Occidente.
 E sono questi emigrati che  Marine Le Pen vorrebbe espellere dal paese !...
II°
 La giornata dell’11 gennaio 2015  a Parigi:   50 capi di Stato europei e mondiali  hanno aperto la sfilata da piazza della Repubblica  a cui hanno partecipato 2 milioni di persone,
 Un giorno molto emozionante che ha lasciato intravedere una nuova Europa unita e solidale, accanto a un Francia dove destra e sinistra si sono unite per difendere i valori della Repubblica:
“ Sono cristiano, ebreo e musulmano e cittadino francese, che rivendica il diritto di  difendere il valore fondamentale: Liberté. Égalité, fraternità. Donc “Je suis Charlie!...
Come non notare la stupidità della richiesta di Marine Le Pen di ripristinare la condanna a morte dei terroristi arrestati, quando  loro la mettono già in conto per guadagnare il paradiso di Maometto? Con la sua proposta che va contro alla legislazione francese,  non potrà certo fermarli!...
 Speriamo che questo le faccia perdere voti a vantaggio della destra  di Sarkosy,  alle prossime presidenziali.
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III°
Chi sono i jiadisti francesi e inglesi vissuti nelle periferie delle grandi città? “Figli nostri”, - ha detto Eddy Pleniel , giornalista famoso, mettendo in evidenza il grave disagio economico e sociale  in una società che,  grazie alle politiche  liberiste,   si è ben guardata di assicurare a tutti lavoro e dignità, unica base per una vera integrazione. L’Isis assicura loro i mezzi per vivere: li paga per ogni attentato . Quindi per vivere bene  si radicalizzano.
 Dei  jihadisti in azione a Londra, a Parigi e in Spagna è stato detto: “ Sono in guerra contro l’Occidente”.
 Ma ci siamo dimenticati che la guerra l’Occidente l’ha già fatta contro di loro, per il petrolio e per gli oleodotti:
la prima guerra del Golfo, nel ’91, poi in Afganistan affidando  l’azione militare a Ben Laden, ricchissimo saudita, contro i Sovietici, permettendo la nascita  del jihadismo nel paese. 
La seconda guerra del Golfo,  finanziando l’azione di Saddam Hussein, sunnita contro l’Iran sciita e anti americano.
 L’attacco all’Iraq di Saddam Hussein, consentendo la guerra civile attuale nel paese, spaccato in due tra sunniti e sciiti. Con fondamentalisti all’attacco.
 La guerra  alla Libia di Gheddafi, non un gentiluomo,  certo, ma radicalmente ostile al fondamentalismo, e dopo la sua morte, il paese,  in piena guerra civile.  Noi italiani abbiamo lo Stato islamico alle porte di casa. E i nostri interessi petroliferi sono totalmente minacciati.
Basterà organizzare una risposta militare  per distruggere lo Stato Islamico ,  o sarà necessaria una diversa politica socio-economica europea per  realizzare la crescita economica nei paesi dell’altra riva del Mediterraneo,   limitando l’emigrazione, e  consentendo   alla gente che preme alle nostre frontiere  una vita possibile nei loro paesi,  con il lavoro e la dignità?
L’Europa che abbiamo visto unita a Parigi l’11 gennaio dovrà  far riprendere i negoziati Israele- Palestina per 2 stati, e far tornare Israele nei confini precedenti alla guerra del ’67.
Questa Europa dovrebbe aiutare i coraggiosi combattenti curdi in lotta contro il califfato  islamico, e soprattutto farla finita con Basshar El  Hassad, che ha massacrato la popolazione in Siria, facendo nascere la reazione dell’Isis, stabilendo con Putin un’intesa antiterrorista, che possa punire il suo alleato.

Conclusione:

 Più che un’azione militare sono importanti alcune misure preventive:

a)    Chiedere alle compagnie aeree la lista di tutti i nomi imbarcati   sulle loro linee. Controllare chi vola senza sospendere Shengen.
b)   Chiedere ai social  network ( Facebook, Twitter e Linkedin ) di comunicare alle autorità i siti sospetti, visto che il  loro reclutamento si fa sul Web, e di azzerare i siti, bloccandone  la comunicazione.
c)   Chiedere  alle comunità islamiche di collaborare con le autorità  di tutti i paesi europei, come ha fatto, secondo Rhula Jebrehal,   quel padre che ha denunciato alla polizia il figlio radicale.
( Ricordiamoci che avendo le politiche liberiste privato i giovani  di lavoro e di dignità,  essi  chiedono al califfato islamico i mezzi per vivere, ricevendo soldi per gli attentati.)
d)    Infine creare un Intelligence europea che coordini i dati provenienti dai vari paesi, e soprattutto un Procura Europea Anti-terrorismo, sul modello della procura nazionale anti-mafia in Italia