martedì 13 novembre 2018

Intervista a Vittorio Foa di Mara Muscetta

Intervista/conversazione con Vittorio Foa, realizzata da Mara Muscetta in occasione del Convegno di studi "Ritratto di Carlo Muscetta" (Avellino, 6-8 aprile 2005), organizzato dal Centro di Ricerca "Guido Dorso". Riprese e montaggio di Orlando Borriello.

sabato 4 novembre 2017

Primo centenario della rivoluzione d'ottobre


Introduzione

Gli storici Russi della Rivoluzione Francese erano personaggi singolari, un piede in Francia e un altro nel loro paese. Mi ero laureata con il prof. Federico Chabod sulla questione contadina vista da Kareev,  Kovalevski e Lucitski. Ma continuai a occuparmi dell’argomento e mi imbattei in un caso singolare: quello dello storico Lukin, direttore della rivista Istorik Marxist che fu costretta da Stalin a chiudere i battenti nel 1939.

Il motivo? Avevano osato trattare l’argomento del Termidoro nella Rivoluzione Francese. Tutta la redazione era finita in Siberia, e Lukin era morto di stenti.
Per il Termidoro? Un problema vecchio di due secoli? Non si trattava di un argomento accademico come io credevo. Tutt’altro. Il Termidoro era un tema scottante di natura politica, un termine largamente usato nella pubblicistica Sovietica, fin dal 1921. I primi a servirsene, con riferimento alla Rivoluzione di Ottobre, erano stati i menscevichi.
Era stato Jurij Martov nel suo saggio “Il bolscevismo Mondiale” a denunciare le illusioni di Lenin, che, dopo la distruzione dello stato Tzarista, aveva auspicato per il nuovo Stato nato dalla Rivoluzione, l’elegibilità e la revocabilità dei funzionari di partito, grazie alle funzioni di controllo e di sorveglianza da parte dei cittadini. Invece la vecchia polizia Tzarista non era stata soppressa, l’elegibilità dei burocrati non istaurata, la normativa sul lavoro di 48 ore alla settimana era stata violata, e i cottimi erano diventati la regola per una maggiore produttività. E quando il Soviet di Kronstadt chiese nel febbraio 1921 la fine delle requisizioni ai contadini, la libertà sindacale, quella di stampa e la liberazione dei prigionieri politici, proclamando lo sciopero generale degli operai e dei ferrovieri, in occasione della rivolta dei Marinai, i bolsceviki li avevano accusati di sabotaggio.  Ed era stato allora Martov per primo a parlare di Termidoro. A Kronstadt sia Lenin che Trotzki, capo dell'Armata Rossa, diedero ordine di arrendersi, senza successo. Quindi ambedue decisero di reprimere la rivolta, e diedero l'ordine di sparare, malgrado fosse totalmente contraria l'associazione "Opposizione Operaia", guidata da Scliapnikov e dalla sua Alessandra Kollontaii, leader femminista di grande spessore, schierata dalla parte dei lavoratori. - No, alla libertà di critica - aveva detto invece Lenin. - La rivolta a Kronstadt era una manifestazione di anarco-sindacalismo.-
Fu così che gli apparatciki  di partito, pur non avendo la proprietà giuridica dei mezzi di produzione, conquistarono però il potere di fissare i prezzi di vendita dei prodotti, a un livello molto più alto che non i salari, più elevati dei costi dei materiali, a detrimento degli  operai e di tutti i lavoratori nella fabbrica.
Era l'avvento della nuova classe al potere, che doveva vivere per anni del furto del plus valore -e questo stato di cose si era affermato grazie a delazioni, arresti notturni, esecuzioni di massa e sparizione delle persone.
(Stalin, a quell'epoca, faceva tenere alla poetessa Marina TzvetQieva il registro dei fucilati, nel palazzo che era stato dei Rostov, (quello di Natascia)...come lei stessa racconta nel libro autobiografico "Indizi  terrestri”.
Viktor Serge aveva tracciato un parallelo fra i comitati giacobini del 1792 e i comitati sorti in Russia nel 1918. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo restava invariato: ma Io scenario apparente era quello di una grande mutazione. Pericolo di un Termidoro? Si, è vero, ma non ci lasceremo ghigliottinare. Il Termidoro lo faremo noi ! — aveva concluso Lenin : Giacobini e Terrnidoriani, dunque.
C'erano stati 2 attentati, uno a lui, che era stato ferito, e un altro a Trotzki, fallito.
Così venne deciso di uccidere lo tzar e tutta la famiglia, senza processo e in gran segreto.
Lenin  aveva paura di finire come suo fratello: impiccato.
II terrore non era che all'inizio.
Dopo la vittoria militare dell'Annata rossa Sull'esercito di Vrangel, le persecuzioni erano continuate, con glii anarchici e con i socialisti- rivoluzionari, difensori dei contadini, particolarmente angustiati dalle requisizioni.
Nel 1922 cominciò quindi la diaspora: tutti fugirono in esilio a Berlino, mentre in Russia negli anni successivi venivano man mano eliminati gli stessi bolscevichi, prima quelli di sinistra, poi quelli di destra.
- Era stata una grande disgrazia - aveva detto Lenin - che l'onore di attuare la prima rivoluzione socialista fosse toccato al paese più arretrato d' Europa — Molto lucido: una disgrazia!
Più tardi, doveva essere proprio Trotski a riprendere l'argomento del Termidoro, malgrado avesse avuto responsabilità dirette nella repressione a Kronstadt, e avesse appoggiato la persecuzione dei mensceviki, ancora nel 1927, al suo ritorno da Alma Ata.


Questa volta la polemica era esplicita e durissima, ed era Stalin, segretario del partito dal 1923 ad essere sotto accusa.

Lucidissimo Trotski si era chiesto, fin dal 1929: I risultati dell'Ottobre, erano una vera rottura o in continuità col passato? Soprattutto lo inquietava la situazione delle campagne, in netta regressione.
Contestava le statistiche agiografiche e menzognere avallate dai burocrati. La nazionalizzazione delle terre — diceva - non era una condizione di per se sufficiente per la prosperità della campagna. la cosa importante era che le terre fossero produttive e redditizie per il contadino, che consentissero di vivere!.. (Eterno problema). Ora non c'erano investimenti, e il contadino stava pagando duramente il prezzo del divario tra i prodotti industriali della città, molto costosi, e i prodotti della campagna, che venivano svenduti sul mercato intemo, senza riuscire a diventare competitivi su quello estero. Ecco perché a 12 anni dalla Rivoluzione i contadini, che pure erano stati favorevoli ai Bolscevichi nel 1917, avversavano ora, poveri o ricchi che fossero, i burocrati comunisti.
Europa contro Asia. Evidente la differenza fra un intellettuale capace di utilizzare strumenti di analisi economica e un vecchio seminarista, campione di giaculatorie.
Per me quel libro di scritti di Trotski, editi a Parigi dalla IV Internazionale, e poi tradotti da Livio Maitan per Einaudi, fu una rivelazione.
Uscivo da studi accademici per entrare nel vivo di fatti, meccanismi e comportamenti politici, all'ordine della deviazione Staliniana, restauratrice del passato.
Come diceva lo storico cecoslovacco Masaryk, si era tornati allo tsarismo dei tempi di Ivan il Terribile.
Che ci fosse stata una continuità fra la politica economica e finanziaria tzarista e quella di Stalin era evidente, poiché il capitalismo di stato era nato ed era stato bene sviluppato dal Ministro De Witte. Stalin, aveva deciso di accelerare il processo di industrializzazione con il primo piano quinquennale, servendosi, come aveva fatto lo zar, di quadri e tecnici stranieri, per costruire un'economia autarchica, indipendente.
L'obiettivo era la produttività, come al tempo degli Tsar, con orari di lavoro assolutamente massacranti per gli operai. L'autoritarismo e lo sciovinismo si alternarono negli anni Trenta e fecero parte integrante della sua teoria del socialismo in un solo paese, che, non a caso, avrebbe avuto più tardi il consenso generale anche degli emigrati di destra. Lo Tsar era stato ucciso, ma lo tsarismo invece no.
Aveva ragione Toqueville: una rivoluzione accelera sempre i processi.
La contemporaneità riprendeva con prepotenza i suoi diritti, e la storiografia della Rivoluzione francese, con la fine di Lukin e della sua rivista, contribuiva a raccontare il perché.

domenica 18 dicembre 2016

L' Espresso oggi: Lettera a Scalfari

Caro Scalfari,
 ho letto sull'ultimo Espresso il suo ottimo articolo sul Principe di Salina e Odisseo: la questione del potere è importante per tutti e due. Buona analisi.
 Non sono sempre d'accordo con lei: nel suo editoriale su Repubblica di domenica lei dice che Renzi deve fare lo statista!|... come Cavour e Garibaldi.... Renzi per me è un mammifero di lusso che dovrebbe andarsene una volta per tutte dopo i guai che ha combinato, non solo col referendum  sulla Costituzione, ma con le leggi fasulle ( la scuola, il job act ecc.) 
 L ei ha sempre detto che avrebbe votato No , e poi ha cambiato idea e ha votato Si.
 M a ora vorrei scriverle a proposito della rivista a cui ha sempre collaborato: L'Espresso.
 Sono una lettrice  dai tempi in cui aveva il grande formato: mi sono politicamente formata sugli articoli che leggevo, le inchieste, le denuncie, le battaglie per un'Italia migliore, laica  e non corrotta.
 Ma devo dirle che a leggerlo oggi non si può non rilevare un netto calo  di qualità, assai vistoso.

a) La metà delle pagine di ogni numero sono dedicate alla pubblicità, di tutto: il denaro è certamente utile, ma  il vecchio Espresso non ne aveva. di pubblicità: i lettori  lo compravano e bastava. Ma oggi lo comprano?

b) Gli articoli sono spesso scritti in un linguaggio cifrato, il più delle volte incomprensibile... faccio qualche esempio:

 Un Parlamento del Pleistocene - di A. Giglioli

La guerra mondiale al super batterio -  di Elisa Manacorda 

Sfumature di bavaglio -  di Sergio Trombetta.

E a Londra l'eccesso va al Museo -  di Leonardo Clausi.  

Ma l'editoriale di Tommaso Cerno è il vero capolavoro: La Costituzione del "Chi sei" nel paese del "Chi non sei ".... 

Preferivo la rivista quando era diretta da Daniela Hamaoui , non molto tempo fa. Aveva conservato lo stile e la linea giusta.
Potrebbe intervenire per tornare al passato? 

Cordiali saluti e auguri di ottime feste!  

Mara Muscetta

sabato 16 maggio 2015

Lezioni di storia

Ascolto  sempre con grande interesse questa trasmissione, che è un a delle più  accurate proposte della  Rai, anche se  il conduttore,  molto intelligente e preparato, non sempre fa tutte le domande che deve.

 Il  mercoledì 13 maggio, l’argomento era  sulla guerra alle Falkland, tra l’Inghilterra e l’Argentina, dove al potere c’erano i militari fascisti, che facevano sparire gli oppositori.

A quell’epoca io lavoravo al MAE, e  organizzavo un Convegno per l’insegnamento dell’italiano,  sotto la direzione di Sergio Romano,che dirigeva il dipartimento delle Relazioni culturali con  l’estero,

 Il Governo era completamente spaccato: Il presidente del Consiglio era Spadolini, repubblicano, completamente dalla parte degli inglesi, paese democratico,  mentre il Ministro degli esteri era Colombo, favorevole agli Argentini.

 Romano non aveva voluto invitare all’inaugurazione del Convegno Spadolini, per non compromettere le sue relazioni con Colombo, Min. degli esteri, con il quale, era sostanzialmente d’accordo, essendo lui di famiglia fascista, favorevole a Salò,  come dice nelle sue “Memorie di un conservatore”.

Vorrei allora ricordare  alcuni episodi per mettere in evidenza l’assenza di domande importanti alle quali Ernesto Galli della Loggia avrebbe potuto rispondere.

                                                             *** .
- Maggie vuole menare un po’ le mani? - aveva detto Reagan, ridendo. E aveva assicurato  la sua benevola neutralità.
-         Il mio cuore batteva per "l'Invincible", la portaerei inglese. L’Italia aveva fatto malissimo a vendere all'Argentina gli AER Macchi, favorendo i generali fascisti, gli stessi  che facevano sparire anche i nostri connazionali. Aveva ragione Spadolini. -
Lo avevo dichiarato al capo del mio ufficio (Ricerca e programmazione” ) ,  il consigliere Monaco Sorge,  senza complimenti.
- Ma no !...mi aveva risposto inorridito. L’Italia ha tanti in interessi in Argentina.  
- Le madri italiane della Plaza de Mayo si sono  fatte ricevere dal Presidente Pertini. I valori etici per lui contano più degli  interessi. (traduzione: delle tangenti, volte a foraggiare i partiti politici ). Gli Aer Macchi erano una bella torta,  e ne volevano tutti un po’. -

La Resistenza antifascista continuava, la linea delle alleanze politiche era assolutamente trasversale all’interno della coalizione al potere.
Se Ugo La  Malfa si era battuto contro Sindona, mandando il povero avvocato Ambrosoli a fare l'ispezione sui suoi traffici, Pertini e Spadolini  avevano fatto blocco contro Craxi e la D.C, favorevoli a Licio Gelli e alla loggia P.2,  largamente implicati  nel commercio con i paesi dell'America Latina. Gaetano Stammati, ministro del Commercio con l'estero,  aveva firmato  moltissimi contratti di vendita e di  armi e di  aerei.  Bene “alloggiato” anche lui.

 Era stata nominata una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, su raccomandazione della Suprema Corte e del Consiglio superiore della magistratura. Era presieduta da Tina Anselmi, democristiana, valorosa partigiana. Per lei  avevo e ho sentimenti di stima e gratitudine.
 Ma  Craxi  aveva difeso Gelli, con il pretesto che la metà del listino della Borsa era crollato al momento del suo arresto. In realtà temeva  ricatti e rivelazioni. C’era un comitato anti-Loggia, all’interno del Psi, ma aveva ricevuto delle consegne: profil bas  e calma zen. Così mi aveva detto Covatta, un parlamentare ischitano, socialista, che avevo incontrato in un dibattito
Seguivo con interesse sui giornali la notizia che il giudice Carlo Palermo, sulla base di una testimonianza di Falco Accame, socialista, aveva istruito un'inchiesta sulle tangenti  provenienti dal traffico di armi  col Medio Oriente. Non mi piaceva affatto che Bettino Craxi si fosse messo a tuonare contro il  giudice, (anticipando di dieci anni i costumi berlusconiani).
La separazione dei poteri  a me  pareva essere il fondamento della democrazia ed era nella Costituzione. Il controllo giudiziario contro  gli abusi e la corruzione  del potere esecutivo era indispensabile. Invece quel giudice aveva subito un attentato, sulla via per Trapani, e si era dimesso dalla magistratura. Falco Accame, deputato socialista, aveva testimoniato sui finanziamenti di Gelli al partito. Risultato: non venne rieletto alle elezioni del giugno '83.
                                                      ***
La  rivista Mondo Operaio, in via Tomacelli  mi aveva invitato a un  dibattito su quanto accadeva in Argentina, il tema  scottante era quello dei desapparecidos e delle madri de la Plaza de Mayo che Pertini aveva ricevuto.
. Sul palco c'era  Silvano Labriola, (il cui nome figurava nella lista degli "alloggiati"). Accanto a lui anche la bellissima Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri, fedelissima di Bettino,  e Pio Marconi, un vecchio amico.
 La linea dei diplomatici  in servizio  alla nostra  Ambasciata a Buenos Aires era favorevole ai militari, come del resto avevano raccontato  i  giornali. - Non era vero che erano in pericolo. Tornassero a casa- loro. -  aveva detto  un  consigliere.
Quando la parola tornò alla sala andai al microfono.
- I diplomatici, vincolati com'erano a decisioni governative e alle indicazioni del Ministro degli esteri, al massimo potevano scegliere  i menù e i posti a tavola.  Piuttosto che facevano i politici? - Guardavo  Labriola negli occhi. - Perché avevano venduto gli Aer Macchi all'Argentina,  dove  i militari  al potere facevano sparire i nostri connazionali? -
 Io per mia fortuna non ero diplomatica ed ero, si, socialista, ma, a differenza della signora Boniver, decisamente craxico-indipendente.
 Il giorno seguente Claudio Martelli, accompagnato da Gaspare Barbellini Amidei, aveva organizzato una speciale conferenza stampa,   per lamentarsi delle cosiddette "calunnie mendaci" che Repubblica  riversava sul  Partito socialista  e sul suo conto.  Gli avevo quindi chiesto che cosa pensava degli Aer Macchi e della corruzione tangentizia. 
- Lui – protestò  - delle tangenti  percepite sulla vendita  non sapeva assolutamente  nulla
- E allora, nella stanza dei bottoni che ci stava a fare ? -  avevo replicato.
Irritato e inquisitorio, aveva chiesto il mio nome a Gaspare Barbiellini Amidei, giornalista del Corriere  della Sera. Gaspare era figlio del podestà fascista dell’isola d’Elba. Mi conosceva: entrambi  studenti  al liceo  Mamiani.  E Martelli,  inteso il mio cognome, conoscendo  bene la storia del paese,  sapeva che ero stata firmataria della mozione dei 101, sui fatti d’Ungheria, nel 1956.
Cominciarono  quindi ad arrivare inviti perché io partecipassi alle riunioni del Psi.
                                                     ***

Ecco, alla trasmissione Rai Storia non ci sono state domande sul ruolo  particolare avuto dall’Italia: era stato proprio grazie agli Aer Macchi   che i  militari argentini avevano potuto infliggere ai britannici  una prima severa sconfitta, con 200 morti : loro  infatti    avevano si  una bella  flotta ma non aerei sufficienti. Erano loro che abitavano le isole Falkland,  non gli  argentini: quindi erano decisi a restarci.
La conclusione della guerra era stata la loro  piena vittoria, anche grazie al sostegno degli americani,  e, soprattutto, si era tradotta nella fine della dittatura militare Argentina, che, scommettendo su sentimenti nazionalistici, aveva guadagnato, grazie alla guerra,  il favore popolare.
Così ha giustamente concluso Galli Della Loggia.
Personalmente avrei voluto porre queste domande sul ruolo dell’Italia:
1) Le tangenti rilevanti percepite sul contratto degli Aer macchi avevano  assicurato entrate consistenti  alla cassa del PSI e della DC. Una parte  del bottino  sarebbe finito poi sul conto protezione personale di Craxi in Svizzera.
2) la seconda domanda riguardava  il ruolo avuto dalla P2 in tutta la vicenda, grazie agli alloggiati al governo in funzioni importanti, come il Ministero  del  commercio con l’estero, Gaetano Stammati.

 Conclusione:

La storia del passato è sempre utile per capire il presente, se si pensa che la legge sulla corruzione presentata dal governo Renzi è stata anpiamente criticata dal Consiglio Superiore della Magistratura che l’ha ritenuta del tutto insufficiente, sia per l’aumento modesto delle pene previste, sia perché non è stata  ancora varata una legge efficace sulla prescrizione,  che modifichi quella attuale, grazie alla quale molti  corrotti e corruttori   possono tranquillamente sfuggire alla prigione e  restare impuniti perché il loro processo dura troppo..
 Si profila una vera  “democratura”,  dopo l’approvazione della legge elettorale Italicum,  con il premio di maggioranza  (inesistente nelle altre leggi elettorali in Europa,) grazie al quale è previsto  un massiccio aumento di seggi in parlamento per chi prenda il 40% dei voti, ma anche per chi vincerà al ballottaggio con una percentuale inferiore.  Un nuovo fascismo si profila per il paese per assicurare “la governabilità”
Resterebbe solo la speranza che vengano raccolte firme per un pacchetto di quesiti su vari argomenti,  da proporre al prossimo  Referendum, ivi compreso quello sull’Italicum.

 La storia è utile  non solo per capire il passato , ma anche perché i problemi maggiori del presente restano irrisolti : non ci sono mai le risorse necessarie per pagare le pensioni  sottratte con la legge Fornero, , mentre con una efficace legge sulla corruzione e sulla prescrizione  si potrebbero agevolmente trovare

giovedì 22 gennaio 2015

Intelligence o Cretinence? Chi ha vinto?

I Servizi francesi furono avvertiti da quelli algerini: era in  preparazione un grosso attentato a Parigi, e   Charlie Hebdo, con le sue vignette,  era un obiettivo possibile. Ma  il poliziotto musulmano di guardia al giornale non aveva nemmeno un giubbotto antiproiettile!...
 L’Intelligence non ha dato alcuna importanza a questi avvertimenti né predisposto alcuna coordinazione con le forze dell’ordine!...Quando si sono visti 88.mila poliziotti alla ricerca dei 2 attentatori senza conseguire alcun risultato abbiamo pensato che ci voleva una bella vignetta umoristica1
Per fortuna avevano lasciato una carta d’identità nella macchina che li aspettava, e si è quindi scoperto che in passato erano stati arrestati  e poi rilasciati. Si erano addestrati militarmente nello Yemen.  Forse qualche responsabilità per i 17 morti ce l’hanno soprattutto i Servizi. Ha trionfato la Cretinence!...
                                          ***
Nel 2001  dopo l’attentato alle Due Torri  abbiamo detto: “Siamo tutti americani!”. Ma già 6 anni prima i fondamentalisti avevano fatto in Algeria migliaia di morti per imporre la sharia,estendendo la loro azione anche all’aereoporto di Marsiglia. Ma non ci siamo schierati con loro per protestare.
Credo che all’interno delle comunità islamiche la grande battaglia debbano farla le donne.
Quando nelle scuole pubbliche in Francia si imponeva di non portare il velo, simbolo religioso inammissibile  in una repubblica laica, le ragazze algerine vivevano dimidiate tra la cultura delle mamme e delle nonne che il velo lo avevano sempre portato e le loro compagne di scuola, libere da qualsiasi imposizione.
Al teatro della Crièe a Marsiglia era stato organizzato  al riguardo un dibattito, e un’algerina, Fadela Amara, aveva detto: negli anni ’80 avevamo cominciato a godere di una certa  libertà. Ma tutto è crollato negli anni ’90 con la disoccupazione di massa che ha bloccato l’integrazione. C’è stato l’avvento del fondamentalismo islamico, con un ripiego identitario sulla nostra origine.
Nei quartieri di periferia le ragazze avevano problemi:  i loro fratelli non avrebbero potuto uscire dalla loro condizione. Miseria, droga, violenza e problemi con le autorità: unica uscita la prigione.
E loro? Sole!
L’8 marzo erano quindi venute alla ribalta con un movimento femminista. Cominciavano a stigmatizzare il comportamento dei loro fratelli, padri, fidanzati, cugini,e amici all’origine delle loro sofferenze personali: excisione, prostituzione, matrimonio forzato organizzato in famiglia. La lotta per migliori condizioni di vita riguardava tutti,  maschi e femmine: scuola, lavoro, salute, alloggio, tutela della famiglia, insomma quell’ascensore sociale negato dalla crisi economica.
 I ragazzi  sono rimasti come al Medio Evo,- diceva Malika. Mentre Fatima sosteneva che senza lavoro e senza soldi si fanno buttar fuori dalle discoteche, impossibile avere relazioni sessuali, e  quindi sfogano la loro frustrazione sulle ragazze. Lo stupro individuale o collettivo è una prassi ordinaria. Ci sorvegliano: guai se portiamo le gonne, i jeans sono la nostra cintura di castità, e se ci ribelliamo, botte, pugni e occhi au beur noir!...Le madri arrangiano i nostri matrimoni, e ci tocca mostrare il lenzuolo sporco di sangue alla famiglia dello sposo per averne il rispetto!... E’ ora di farla finita. Il nostro slogan “ Ni putes ni soumises!”
Le ragazze, francesi di nazionalità,  non possono vivere come in Algeria.Quindi ritenevano urgente firmare un manifesto per allertare i pubblici poteri.
“Le Autorità parlano dei problemi delle periferie solo al maschile. Noi siamo donne e rivendichiamo la nostra libertà per avere giustizia.”
Quindi la cittadinanza francese non era tutto: liberté, égalité, fraternité per loro era rimasta lettera morta.
                            ***
Nel marzo del 2000 c’era stata alla Cité du livre di Aix en Provence una grande manifestazione sulla Creatività nel Mediterraneo. Scrittori, scrittrici cineasti, documentaristi erano intervenuti.
 Le donne scrittrici avevano da molto lasciato l’Algeria, e vivevano in Francia ( Come Assia Jebar, la decana, che stava da 40 anni a Lione. Salima Ghezali, minacciata dai fondamentalisti per la sua campagna alla radio, aveva pubblicato il suo primo romanzo: “Les amants de Sheerazade”
 Le donne algerine erano state tradite dal Partito Unico, divenuto il supporto del clericalismo più bieco, malgrado  esse avessero partecipato attivamente alla resistenza contro il colonialismo francese.

A Aix en Provence era presente Horrya Sahi, giornalista della televisione algerina,  Alta, bel portamento, occhiali da intellettuale, era venuta a presentare il suo documentario.
 Le elezioni del’ 93  avevano dato la maggioranza agli islamici: erano quindi state annullate, e avevano determinato  una  violenta reazione fondamentalista che, soprattutto all’interno del paese, aveva fatto migliaia di morti per anni.
 Horrya aveva intervistato una donna, un ex militante del Comitato di liberazione nazionale, alla quale i francesi avevano ucciso il marito e ora i fondamentalisti le avevano sgozzato il figlio. Una donna semplice, una delle tante vittime della furia islamica.
 Horria l’aveva filmata per una trasmissione alla Tv algerina e aveva ricevuto a Washington il premio per il reportage più coraggioso. Col denaro del premio aveva potuto affrontare le spese per gli studi della figlia, Maya, all’Accademia dei belle arti ad Avignone. Poiché lei era stata minacciata di morte, che almeno Maya vivesse tranquilla e incolume in Francia.
Lei, Horrya era protetta nella notte dai suoi vicini ma non dalla polizia. Lei sapeva che i massacri erano organizzati e mirati.
 L’esercito era dietro le quinte, e sarebbero durati finchè  gli algerini non si fossero piegati alle richieste del Fondo Monetario internazionale, finche non fosse stata distrutta ogni briciola di protezione sociale attuata dal partito unico negli anni Sessanta- Settanta. Gli algerini non potevano essere più degli assistiti, dovevano prendersi in carico. La scuola funzionava per i redditi medio-alti. I poveri dovevano arrangiarsi, e scegliere se vivere nelle bidonvilles o emigrare. Quei bimbi erano cresciuti nell’indigenza,  facilmente manipolabili, e ora sgozzavano su ordinazione, prezzolati, comunque in nome di Allah, per conquistare il paradiso almeno dopo la morte, visto che sulla terra c’era l’inferno.
 Sulla costa il paese si era evoluto: in città come Orano arabi, ebrei e cristiani  convivevano senza problemi, ma non così nell’interno.
 Avevo invitato Horrya ospite a casa mia con sua figlia Maya, perché potessero godere  di un po’ di tranquillità.
 Horrya aveva molti problemi, anche al lavoro, dove il suo coraggio era considerato anomalo. Non credeva alla politica del perdono del Presidente Bouteflika. Era un escamotage per coprire il volto degli assassini che agivano all’ombra della divisa.
Invitata ad andare a Rodi, al Forum della donna del Mediterraneo, per invidia i suoi colleghi avevano intercettato  l’invito e risposto negativamente:” non poteva andare a rappresentare le donne algerine perché persona non grata”.
 Avevo allora telefonato ad Aliki Moschis Gauguet, organizzatrice del Forum, perché le inviasse al suo domicilio il biglietto di aereo, e aveva potuto partire solo alla vigilia del Congresso, con un visto europeo per un soggiorno di 3 mesi.
Ma non le perdonarono il suo intervento, apertamente critico nei confronti di Bouteflikà.
 Non era la sola però: anche l’attrice Isabelle Adjany, di origine algerina, non era presente alla cena organizzata all’Eliseo in suo onore, e aveva lasciato il seggio vuoto “ per non avallare in un’occasione mondana una linea politica inaccettabile” “Bouteflika? Sette tipi di ambiguità.
Horrya , rifugiata politica , era  ad Avignone  per curare sua figlia Maya, malata di depressione nervosa, e aveva ottenuto un prolungamento del permesso di soggiorno a un anno.
 Ora madre e figlia  lavorano insieme in Francia  e non sono tornate. Questa è la realtà  che gli interessi per i giacimenti di gas e petrolio hanno a lungo occultata in Occidente.
 E sono questi emigrati che  Marine Le Pen vorrebbe espellere dal paese !...
II°
 La giornata dell’11 gennaio 2015  a Parigi:   50 capi di Stato europei e mondiali  hanno aperto la sfilata da piazza della Repubblica  a cui hanno partecipato 2 milioni di persone,
 Un giorno molto emozionante che ha lasciato intravedere una nuova Europa unita e solidale, accanto a un Francia dove destra e sinistra si sono unite per difendere i valori della Repubblica:
“ Sono cristiano, ebreo e musulmano e cittadino francese, che rivendica il diritto di  difendere il valore fondamentale: Liberté. Égalité, fraternità. Donc “Je suis Charlie!...
Come non notare la stupidità della richiesta di Marine Le Pen di ripristinare la condanna a morte dei terroristi arrestati, quando  loro la mettono già in conto per guadagnare il paradiso di Maometto? Con la sua proposta che va contro alla legislazione francese,  non potrà certo fermarli!...
 Speriamo che questo le faccia perdere voti a vantaggio della destra  di Sarkosy,  alle prossime presidenziali.
                                                   ***
III°
Chi sono i jiadisti francesi e inglesi vissuti nelle periferie delle grandi città? “Figli nostri”, - ha detto Eddy Pleniel , giornalista famoso, mettendo in evidenza il grave disagio economico e sociale  in una società che,  grazie alle politiche  liberiste,   si è ben guardata di assicurare a tutti lavoro e dignità, unica base per una vera integrazione. L’Isis assicura loro i mezzi per vivere: li paga per ogni attentato . Quindi per vivere bene  si radicalizzano.
 Dei  jihadisti in azione a Londra, a Parigi e in Spagna è stato detto: “ Sono in guerra contro l’Occidente”.
 Ma ci siamo dimenticati che la guerra l’Occidente l’ha già fatta contro di loro, per il petrolio e per gli oleodotti:
la prima guerra del Golfo, nel ’91, poi in Afganistan affidando  l’azione militare a Ben Laden, ricchissimo saudita, contro i Sovietici, permettendo la nascita  del jihadismo nel paese. 
La seconda guerra del Golfo,  finanziando l’azione di Saddam Hussein, sunnita contro l’Iran sciita e anti americano.
 L’attacco all’Iraq di Saddam Hussein, consentendo la guerra civile attuale nel paese, spaccato in due tra sunniti e sciiti. Con fondamentalisti all’attacco.
 La guerra  alla Libia di Gheddafi, non un gentiluomo,  certo, ma radicalmente ostile al fondamentalismo, e dopo la sua morte, il paese,  in piena guerra civile.  Noi italiani abbiamo lo Stato islamico alle porte di casa. E i nostri interessi petroliferi sono totalmente minacciati.
Basterà organizzare una risposta militare  per distruggere lo Stato Islamico ,  o sarà necessaria una diversa politica socio-economica europea per  realizzare la crescita economica nei paesi dell’altra riva del Mediterraneo,   limitando l’emigrazione, e  consentendo   alla gente che preme alle nostre frontiere  una vita possibile nei loro paesi,  con il lavoro e la dignità?
L’Europa che abbiamo visto unita a Parigi l’11 gennaio dovrà  far riprendere i negoziati Israele- Palestina per 2 stati, e far tornare Israele nei confini precedenti alla guerra del ’67.
Questa Europa dovrebbe aiutare i coraggiosi combattenti curdi in lotta contro il califfato  islamico, e soprattutto farla finita con Basshar El  Hassad, che ha massacrato la popolazione in Siria, facendo nascere la reazione dell’Isis, stabilendo con Putin un’intesa antiterrorista, che possa punire il suo alleato.

Conclusione:

 Più che un’azione militare sono importanti alcune misure preventive:

a)    Chiedere alle compagnie aeree la lista di tutti i nomi imbarcati   sulle loro linee. Controllare chi vola senza sospendere Shengen.
b)   Chiedere ai social  network ( Facebook, Twitter e Linkedin ) di comunicare alle autorità i siti sospetti, visto che il  loro reclutamento si fa sul Web, e di azzerare i siti, bloccandone  la comunicazione.
c)   Chiedere  alle comunità islamiche di collaborare con le autorità  di tutti i paesi europei, come ha fatto, secondo Rhula Jebrehal,   quel padre che ha denunciato alla polizia il figlio radicale.
( Ricordiamoci che avendo le politiche liberiste privato i giovani  di lavoro e di dignità,  essi  chiedono al califfato islamico i mezzi per vivere, ricevendo soldi per gli attentati.)
d)    Infine creare un Intelligence europea che coordini i dati provenienti dai vari paesi, e soprattutto un Procura Europea Anti-terrorismo, sul modello della procura nazionale anti-mafia in Italia

martedì 23 dicembre 2014

Rivolta e rivoluzione

Introduzione::

Tutte le piazze delle nostre città si sono riempite  di gente indignata il 12 dicembre, in occasione dello sciopero generale, indetto da Cgil, Fiom e Uil,  molto ben riuscito.
 Disoccupati, giovani precari, pensionati hanno risposto al Jobs act del governo , dichiarando la propria indignazione.
 Lavoro non ce n’è: Trovami un job!,  - diceva una vignetta di Altan.
La defezione alle urne in Emilia, la regione più politicizzata in Italia, è stata la prima risposta di  cittadini di sinistra  consapevoli e indignati per le   ruberie   di alcuni  dirigenti importanti del PD attualmente per questo  indagati .
Ma dopo  il processo ai fascio-mafiosi di Roma, aperto dal procuratore Pignatone,  il dissenso politico è cresciuto in modo esponenziale:
 Ci sono 120 appalti sospetti nell’area del sociale, assegnati senza gara pubblica:  d’accordo col Presidente dell’autorità anti-corruzione Raffaele Cantone,  Ignazio Marino, le ha segnalate  e ora un team di esperti li analizzerà. Già molto  prima che lo facesse  nelle telefonate intercettate dai Ros era indicato  dai criminali come il loro nemico numero!.
“Manca però ancora una legge anticorruzione  seria e adeguata, -secondo Cantone, per poter prevenire il fenomeno.

 3 milioni di disoccupati, pensionati che non possono vivere con 600 euro al mese, famiglie prive di alloggi sociali, persone che non ce la fanno a pagare le tasse e i mutui necessari per l’acquisto della prima casa, giovani precari senza futuro credibile,  dicono alto e forte il loro NO alla classe politica dirigente, incapace di affrontare e risolvere i loro problemi,  concentrata com’è  soprattutto sui propri interessi  personali. Vogliono soprattutto DURARE. La pubblica amministrazione non ha pagato i suoi debiti alle imprese che stanno chiudendo e non possono pagare i salari ai loro dipendenti.
Il No rischia di diventare una deriva pericolosa, senza la mediazione sindacale o di movimenti come gli stellati,  e rischia di  sfociare tranquillamente  a destra, con la Lega  di Salvini.  La rivolta non è certo un fenomeno solo italiano: è chiaramente europea.
 Da un lato lo spostamento a destra, non solo in Grecia ( Alba  Dorada),  in Francia, con Marine Le Pen: (la danno maggioritaria alle prossime presidenziali), in Germania,  con  il  nuovo partito nazionale capeggiato da Voigt,  e  perfino nei paesi scandinavi ,  mentre nell’Europa del Sud  gli indignati  in rivolta  sfociano in movimenti di sinistra,  Podemos,   in Spagna,  col loro leader  Pablo Iglesias Turrion,  Siriza in Grecia, con  Tsipras,  (I  sondaggi  lo danno molto alto  alle prossime elezioni in primavera).  Hanno idee chiare. Alle  ultime  elezioni europee hanno combattuto   con una lista  guidata da Tsipras,  che è riuscita ad affermarsi in Parlamento a Strasburgo, grazie a numerose adesioni. “Per L’altra Europa”.
 In  Italia la radicalità  si manifesta con Maurizio Landini della Fiom, il quale per ora non vuole passare in politica per completare i 3 anni che restano di permanenza al sindacato.
 Quindi la sinistra italiana  manca di leadership, data la svolta di Renzusconi  sulla  via neo-liberista, in un’operazione simile a quella di Blair in Gran Bretagna.
                                   
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 In questa situazione di rivolta generalizzata,  ho quindi avuto voglia di rileggere “ L’homme révolté “, un saggio filosofico di Albert Camus, pubblicato da Gallimard nel 1951.
 Mi sono ricordata che era il libro preferito di un amico russo, Nikita  K., conosciuto  nel 1964 a Mosca quando ero lettrice d’italiano all’Università.  Lo avevo incontrato in casa del musicista Andrej Volkonski,  in una serata di letture poetiche. Mi aveva portato li una collega che insegnava inglese all’Università .
Nel 1957 era stato organizzato a Mosca il Festival della gioventù, ed era stata la prima occasione di incontro fra ragazzi occidentali e  sovietici,  dopo 20 anni di totale isolamento dell’Urss  nel corso della guerra fredda.  Frequentare  stranieri  per molti anni era rigorosamente proibito, ma, nonostante l’avvento di Krustciov,  il KGB aveva  arrestato e  mandato in campo di concentramento Nikita  per 5 anni, solo perché aveva incontrato a cena un giornalista de “ Le Monde” al quale aveva raccontato la storia della sua famiglia. Erano aristocratici  espatriati  a Parigi nel 1922 , ma  erano rimpatriati  facendo la resistenza quando il loro paese era stato attaccato da Hitler,  nel 1941.
 Stalin in una cena al Cremlino  in loro onore voleva sapere quali fossero le loro tenute preferite, e appreso che erano  in Crimea aveva organizzato  li un campo di concentramento !...
                                          
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La rivolta viene analizzata da Camus sotto vari profili, quella metafisica  (nella quale però chi si rivolta ha come obiettivo la giustizia) , e poi quella storico-politica, come la  rivolta che ha preceduto la Rivoluzione francese agli Stati Generali.
“ Che cos’è il Terzo Stato? Nulla. Vuole essere qualche cosa. “ Obiettivo:  Liberté, Égalité, Fraternité.
 Tuttavia, una volta al governo,  il rivoltato cessa di essere  rivoluzionario: il suo  entra in guerra con  gli altri governi   contrari alla Rivoluzione, e cioè con tutta l’Europa.
 Anche in Russia la rivoluzione entra in guerra col mondo: i capi rivendicano l’Impero totale.
In ambedue i paesi la prima battaglia comincia col regicidio,  perché re e tzar sono espressioni di Dio, il  loro potere è  fondato  su l  diritto divino.
Jean Jacques Rousseau nel “Contratto sociale” cerca invece  un principio di legittimità  del potere nella “volontà generale.”Il potere viene così fondato sul consenso, e la volontà generale prende il posto di Dio.
Il consenso ottenuto viene delegato all’assemblea, che nel 1792 si chiamava Convenzione.  Mentre un  pensatore giacobino  come Saint Just  era  contrario  nei suoi scritti  alla pena di morte, la Convenzione l’aveva inclusa nella costituzione,  istituzionalizzando la ghigliottina.
 Poiché l’Assemblea era espressione della “volonté generale”  Saint Just e Robespierre furono ambedue ghigliottinati.
 Nell’ Urss  l’uccisione dello Zar  e di tutta la famiglia, avvenuta in gran segreto, era voluta da Lenin, ( mentre Trotski avrebbe preferito un processo).Dopo 2 attentati Lenin aveva paura di finire impiccato come suo fratello, terrorista, per alto tradimento:  perché aveva fatto la pace con la Germania  per favorire la Rivoluzione. I nuovi capi  in Russia   avevano  preso il posto di Dio. Nasce il terrorismo di Stato contro tutti i diritti umani. Vince  il nichilismo.
 Nel XX° secolo, dopo il 1933  il potere in  Germania ce l’ha la Ghestapo,  nell’Urss ce l’ha la Cekà, ( 1918-1922),  polizia  che aveva  sostituito l’Ockrana tzarista.  Poi si chiamerà N.K.V.D,  e durerà dal   1922 al 1953.
 L’individuo non ha più alcun diritto:  conta solo lo Stato che è tutto. Austerlitz e la Kolima sono luoghi di annientamento  dell’ individuo,  privato totalmente della  libertà.
 Durante l’interrogatorio Nikita aveva detto il suo no alla polizia e riaffermato  il  proprio  diritto  a non essere ancora oppresso e processato per aver incontrato la stampa francese.“ Meglio morire che vivere in ginocchio”.
Reduce dal gulag, Nikita aveva letto “L’homme révolté”,  e ne aveva condiviso l’analisi.

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 Camus  osserva  che la   condizione operaia  non  era  affatto migliorata  dopo l’Ottobre. Per industrializzare   un paese arretrato, agricolo,  dove in assenza di una borghesia produttiva, l’accumulazione primitiva del capitale era stata realizzata dai contadini ricchi, i Kulak,  erano  stati loro,  a milioni,  a pagare le conseguenze,  dopo  le requisizioni forzate,   vennero  arrestati e mandati nei gulag.
Per ottenere la massima produttività  agli operai  fu imposto un aumento delle ore di lavoro, attraverso i cottimi,  a salari bassissimi :  ignari del progetto industriale  nel suo insieme,  che avrebbe potuto  assicurare loro un minimo di creatività,  e  compensarli  del basso salario, erano assolutamente  senza dignità.  Grazie alla nuova organizzazione del lavoro in fabbrica l’operaio viene completamente schiavizzato, accetta la sua condizione, compreso il divieto di sciopero e della libertà di associazione.  L’unico movimento in loro difesa “Opposizione operaia”, diretto dall’operaio Schliapnikov e dalla sua compagna femminista, Alessandra Kollontaj,  fu criticato e sconfitto .
Il socialismo autoritario  - osserva  Camus - ha confiscato la libertà del presente  in vista di una immaginaria felicità futura, peraltro molto remota. Ne hanno approfittato i burocrati  di Stato e partito che hanno preso per sé stessi  i profitti imprenditoriali, senza minimamente ridistribuirli nella società.  Il materialismo è stato dialettico e dogmatico, tutto,  tranne che scientifico. Ed è tornato il principio d’autorità gerarchico, fondato sulle certezze della fede, con la marcia verso una società perfetta : un atto mistico. Il regno dei cieli non c’è più: quindi hanno promesso l’Eden sulla terra, il regno dell’uomo. Un alibi, senza fondamento”.
                                       
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 Nel 1902 Lenin, - osserva   Camus -   sosteneva che gli  intellettuali,  pur non essendo proletari, conoscevano  meglio degli operai gli interessi del proletariato. La rivoluzione aveva bisogno di capi teorici. La classe operaia non avrebbe potuto elaborare una teoria. Occorrevano  rivoluzionari di professione,  capaci di un’azione militare,  grazie a una rete di agenti.

Nel 1917 nel suo libro “Stato e rivoluzione” Lenin faceva l’elogio della Comune di Parigi,  con i funzionari di stato eleggibili e revocabili,  pagati come gli operai.  Si  sosteneva la sostituzione della burocrazia  imprenditoriale con  la gestione operaia  diretta.

 Potrei osservare che nel 1951  forse  Camus  non conosceva il libro di Julii Martov,  menscevico, “Bolscevismo mondiale” (  Einaudi, Torino,  1980),  in cui denunciava queste illusioni di Lenin e la dittatura di una minoranza sul proletariato,  fin dal 1919.
 Nel 1921  infatti  la polizia di stato, la Ceka, non era stata soppressa, l’eleggibilità dei burocrati non instaurata,  la normativa dell’orario di lavoro di 48 ore totalmente violata, con i cottimi,  diventati la regola generale per ottenere la massima produttività.  Fu così che gli apparatciki di stato e di partito, pur  non avendo la proprietà giuridica dei mezzi di produzione,  ebbero però il potere  di fissare i prezzi  di vendita dei prodotti, ma a  un livello più alto rispetto ai costi dei materiali necessari a realizzarli, a detrimento sia degli operai, rimasti  con salari bassissimi sia degli altri lavoratori in fabbrica. Era l’avvento della nuova classe al potere, che sarebbe vissuta per anni del furto del plus valore: uno stato di cose affermatosi grazie alla violazione dei  diritti umani, attraverso  le delazioni, gli arresti notturni  di massa,  le torture per ottenere le confessioni   necessarie per i processi,  e consentire  l’invio  nei gulag, dove il lavoro pesante  era gratuito.
 Lo scenario apparente era quello di una mutazione, ma lo sfruttamento  dell’uomo sull’uomo rimaneva invariato.

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Negli anni Trenta l’argomento   del Termidoro,  avanzato dal menscevico  Martov,  doveva essere ripreso  ne “ La rivoluzione tradita” da Trotszki,  (che pure aveva collaborato con Lenin  a domare la rivolta di Kronstadt.)
 ( Lev Trotskij :  Scritti  1929-1936,   Einaudi, Torino,  1962).
Trotskij  si chiedeva  “perché i contadini nel ‘ 17  fossero  favorevoli alla rivoluzione, e poi invece   fossero  divenuti  ostili.“La nazionalizzazione delle terre a loro non bastava. Bisognava garantire al contadino di poter vivere con quello che produceva.  Invece non c’erano investimenti, e mentre i prodotti industriali prodotti nelle fabbriche,  a loro necessari, erano molto cari, ( trattori, ecc.)  quelli della campagna erano svenduti sul mercato interno e non erano competitivi  su quello estero. I contadini, poveri o ricchi che fossero,  erano ora ostili ai burocrati sfruttatori che requisivano tutto quello  che producevano. ”( op.cit.  p. 17-18  e p. 31-34 )

Il Soviet di Kronstadt  nel 1921  aveva  chiesto la fine delle requisizioni , la libertà sindacale, di stampa, la liberazione di prigionieri politici,  e aveva organizzato lo sciopero generale dei ferrovieri e degli operai,  per le ore di lavoro secondo la normativa,  approvata e disattesa, e per salari adeguati.
 Lenin aveva  reagito male, dicendo  che la rivolta di Kronstadt  era un episodio di anarco-sindacalismo.  Aveva detto  no alla libertà di critica e  la rivolta di Kronstadt,  accusata di sabotaggio allo stato socialista,   venne repressa dall’Armata rossa, guidata da Trotskij ,  malgrado la viva contrarietà di “ Opposizione operaia”.
  Lenin aveva  risposto  alla Kollontaj che lo criticava:“ “Siamo termidoriani?  D’accordo. Ma il Termidoro lo faremo noi”.                               
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Proseguendo nell’analisi di quel periodo osserviamo che Toqueville aveva ragione:  il capitalismo di Stato era nato in periodo tzarista col ministro dell’economia De Witte, che voleva assicurare una rapida trasformazione della Russia  da paese agricolo in paese industriale, assicurando la massima produttività del lavoro operaio..
 Stalin negli anni Trenta, col primo piano quinquennale “ la “piatiletka”, aveva proseguito nella stessa linea economica, con orari massacranti di lavoro per gli operai.  Un lavoratore Stachanov con le sue perfomance  ebbe   il premio, per invogliare tutti a fare altrettanto.
Lo Tzar era stato ucciso ma lo tzarismo  no.
In politica estera  la linea era  il socialismo in  un solo paese: doveva assicurare la rapida trasformazione  dell’Urss  arretrata,  per costruire la sua indipendenza  di fronte all’economia mondiale,  e la distruzione del Comintern, La Terza Internazionale, diventava quindi necessaria.
 Con la crisi del ’29 molte industrie  americane,  particolarmente colpite,  erano venute  nell’Unione Sovietica a investire,  ottenendo appalti con ricchi contratti    ( General electric  soprattutto, visto che la linea era  rivoluzione + elettricità = socialismo.)
Trotskij  pensava invece che se il socialismo doveva trionfare  nel mondo era necessario sostenere la linea della  “Rivoluzione permanente “ nei paesi già industrialmente evoluti,  con una borghesia imprenditoriale attiva e positiva.( 28 marzo 1930, op.cit. p. 86.)
 E la Germania doveva essere la chiave  della situazione. Già nel 1923 esistevano i Soviet in fabbrica, creati dai comunisti,  per il controllo operaio sulla produzione.( op. cit.  p.267,)  ma se il partito nazista fosse  arrivato  al potere  l’Urss sarebbe stata isolata.
“Il partito comunista tedesco  deve affermare la necessità della guerra civile, senza quartiere contro il nazional fascismo” . (op.cit.   p.280- 287) 
                        
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 Camus osserva che il comunismo  in Russia ha smentito i suoi principi:   la socializzazione dei mezzi di produzione non ha fatto sparire le classi. Per una giustizia futura e lontana ha legittimato l’ingiustizia presente.
 Con lo schiavismo ristabilito  col lavoro  pesante realizzato dai prigionieri dei gulag a titolo gratuito  nelle miniere d’oro o di carbone,  la rivoluzione d’Ottobre ha ucciso ogni possibilità di rivolta. La NKVD  ha realizzato l’annientamento dell’individuo per ottenere con la tortura la confessione di delitti non commessi,   in vista del processo e condannare al gulag il prigioniero.
 Con la rivolta storico-politica la Rivoluzione ha fallito. Restava  invece un campo in cui la rivolta era ancora possibile: quello dell’arte, dei musicisti, dei pittori e  degli scrittori.
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Sul tema della rivolta è intervenuta Julia Kristeva  sul n.8 di Micromega,  2014,  anche lei partendo da “L’homme révolté” di Camus, con una citazione però inesatta: “Mi ribello dunque sono”, mentre Camus dice “Mi ribello dunque siamo”, indicando l’intreccio  fra la rivolta individuale e quella collettiva.
 Kristeva parte anche lei  dai riots, dalle rivolte  attuali presenti in tutto il mondo  ( Occupy Wall street, gli indignados  in Spagna, gli egiziani contro Mubarak), ma sostenendo  che si tratta di rivolte spettacolari che per durare devono riprodursi.
 Ma i movimenti sociali di rivolta hanno messo in discussione il tema dell’ingiustizia, le disuguaglianze,  la mancata ridistribuzione della ricchezza ,  che poi si è tradotta nella conversione del potere economico  in potere politico,  con grave danno per il cittadino per la sua dignità democratica. Per Camus  anche quando la rivolta è metafisica l’obiettivo è sempre quello della giustizia.
 Per J.Kristeva  il luogo della rivolta è soprattutto il corpo,  ed è la rivolta interiore  la garanzia  grazie alla quale gli individui possono proiettarsi nel futuro.
Afferma che per fare veramente la rivoluzione  bisogna innanzitutto  cominciare da sé stessi. E, in base alla sua esperienza di psicoanalista, la psicoanalisi è uno degli strumenti possibili  che l’individuo ha a sua disposizione per affermare la propria singolarità. /( Freud è stato un ribelle molto incisivo !)
 Ma un altro modo di rivoltarsi è anche l’esperienza artistica, e, come diceva  anche Camus, è Proust l’esempio  nel XX° secolo: la ricerca del tempo perduto per affermare contro la morte la scrittura,  con il ricordo dei giorni felici del passato a fronte di un presente grave per la sua  malattia.  Kristeva, studiosa di Proust   può confermarlo.
Tuttavia  per lei  un altro modo valido di rivoltarsi è l’esperienza religiosa. Per lei  la rivolta interiore si esplica nel bisogno di credere, nel senso di una certezza assoluta, estatica. Denota un atto di fiducia in Dio che implica la restituzione della fiducia accordata.
 La credenza ha la stessa radice di credito  finanziario,  basato sulla fiducia che quanto dato verrà restituito.
 Bisogna costruire  dei ponti  tra  umanesimo laico e umanesimo cristiano, come pure con le altre religioni.
 Tuttavia  si può osservare che  credere in qualcosa non è  un atto semplicemente intenzionale di un soggetto, ma l’esito di una sua iscrizione nelle pratiche religiose,  e  la credenza non è affatto  assimilabile alla conoscenza, il cui presupposto  è il dubbio, non la fede.
 L’uomo o la donna saranno  in rivolta  quando  saranno consapevoli  della propria autonomia rispetto all’altro,  non quando ne  dipendono.
 Per  Camus  la vera rivolta comincia con i filosofi illuministi del Settecento,  quando il pensiero filosofico radicale mette in crisi l’edificio costruito dal cristianesimo.
Ciononostante   Rousseau,  col Contratto sociale,   identifica nella  “volonté  générale”  il nuovo fondamento del potere, e allora Dio rinasce  con i nuovi capi politici a cui l’Assemblea si riferisce,  poiché  ha la delega del consenso.

 Nell’Unione Sovietica  i  rivoltati-rivoluzionari al potere,  attraverso  la violazione dei diritti umani operata dalla polizia politica,   hanno spesso  violato la libertà e l’indipendenza degli artisti : scrittori,  poeti, musicisti.
 Basta citare il nome di Sciostakovic,  con la sua IV sinfonia , definita da Stalin istericamente cacofonica,  o del  suo Concerto per violino e orchestra, op.77 , in cui in una drammatica  fuga di dissonanze, il violino  racconta i No degli arrestati  che rifiutavano di confessare colpe non commesse. C’era stata una Risoluzione  sulla musica, di Andrej  Zdanov, del Comitato Centrale del partito, che lo colpiva, insieme a Prokofiev, Kaciaturian.. ecc.  Ma  dopo il XX° Congresso  Sciostakovic aveva scritto la X° sinfonia, un equivalente del romanzo di Ehremburg, “Il disgelo.” E  nel 1961 venne eseguita anche la IV, tanto  criticata da Stalin,  suscitando viva emozione nel  pubblico  che ritrovava nella musica la  propria  situazione angosciosa.
 Sono  gli  scrittori   che si sono poi di nuovo  rivoltati,  denunciando la portata  della collisione  fra potere rivoluzionario  e individui, raccontando,  meglio di un libro di storia,  quanto  era  accaduto in realtà, al di là delle menzogne di propaganda.
                            
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 Vorrei parlare di Anna Achmatova,  la poetessa più amata nell’Urss, i cui versi erano noti a memoria a centinaia di persone.. Quando era invitata a letture di poesia alla fine c’erano standing  ovations” ( come accadde nell’aprile 1946 a Mosca.
 La raccolta “ Requiem “ (Einaudi, Torino 1963) , scritta   tra il 1935 e il 1940,  in cui raccontava   la sua condizione., non venne pubblicata in Russia.
Il suo primo marito era stato Nikolaj Gumiliov, poeta anche lui,   Ma avevano divorziato. Venne giustiziato perché  accusato di una congiura anti-sovietica. ( agosto 1921).
  Nel ’35 venne arrestato il  terzo marito della Achmatova, lo storico dell’arte Punin.
 Nella raccolta “ Requiem aveva scritto:

“ Ti hanno portato via all’alba:  …
    Come le mogli degli strelizi ululerò
Sotto le torri del Cremlino”.

  Venne liberato in seguito a una lettera della poetessa  diretta  a Stalin.
Nel ’38  toccò a  suo figlio, Lev Gumiliov, etnologo, che   venne  arrestato e condannato a   8 anni di gulag,  solo  a causa del    nome che portava.
 “ In luogo di prefazione,  alla raccolta  “Requiem “,  Anna Achmatova  aveva scritto:
“ Nei terribili anni della ezovscina “( Ezov era nel 1937 a capo  della NKVD  di  Leningrado, quando cominciarono le grandi purghe )  ho trascorso 17 mesi  a fare la coda  presso le carceri di Leningrado ( Le croci) . Una volta qualcuno mi riconobbe. Una donna, sentendo il mio nome,  che prima non aveva mai udito, mi domandò all’orecchio:
“ Ma lei può descrivere tutto questo?
 E io dissi:  “Posso”. Allora una specie di sorriso scivolò per quello che una volta era stato il suo volto”.

 “ Se te lo avessero detto a te burlona,
e prediletta di tutti gli amici
di Tzarskoje Selo donnina allegra
quel che sarebbe della vita tua,
 startene trecentesima  col pacco, sotto le Croci
(Op.cit.  p.39)

 Nell’agosto 1946 Anna Achmatova fu personalmente condannata  da  una Risoluzione di Andrej Zdanov, segretario del Comitato Centrale, che l’aveva definita “ mezzo monaca e mezzo sgualdrina” .  L’accusa era pesantissima, e la licenza di pubblicazione delle sue poesie  in 10.000 copie  per l’edizione di stato,  venne sospesa. ( Dovette aspettare 12 anni  perché avesse luogo,  e ancora  era solo un’antologia,  e  attentamente censurata.)
Questa Risoluzione  di  Zdanov era dovuta al fatto che era andata a trovarla nella Casa delle fontane,   Isaiah  Berlin,  un intellettuale ebreo, emigrato con la sua famiglia  nel 1922 , prima a Riga, in Lettonia e poi in Inghilterra, dove era   divenuto  docente all’università di Oxford  di filosofia sociale. Era   poi tornato nella  Russia sovietica  come segretario d’Ambasciata  a Mosca,  pur non essendo diplomatico di carriera.
 La NKVD  non aveva tollerato i loro incontri notturni,  da qui l’accusa alla poetessa di essere in combutta con una spia inglese.
 A.Achmatova venne espulsa dall’Unione scrittori,  e le vennero tolte le tessere annonarie.  Suo figlio venne arrestato  per la seconda  volta nel 1949.
 Nella risoluzione di Zdanov si  condannava  anche  il narratore satirico Zoscenko,  molto popolare, e le riviste  che ne avevano pubblicato i racconti ( Zvjesdà   e Lrningrad ) . furono vivamente criticate. 
 Zoscenko  era stato  il primo a ribellarsi  contro la burocrazia culturale  perché in un incontro organizzato a Mosca con studenti inglesi,  venuti da un  college di Oxford, che gli avevano chiesto cosa pensasse della  condanna di Zdanov,   aveva risposto che la trovava assolutamente sbagliata e che non la condivideva  affatto. Non gli fecero pubblicare più nulla. Ma in qualche modo era stato il primo caso di rivolta letteraria nell’Urss, anticipando  i casi di dissenso  che sarebbero   emersi negli anni Sessanta.
Nel 1949 oltre al figlio Lev,  venne di nuovo  arrestato  il marito di Anna Andrejevna, Nicola Punin,  che sarebbe morto   nel gulag nel 1953.

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Ci furono altri casi di rivolta letteraria : il primo fu quello di Soljenytcin, con “ La giornata di Ivan Denisovitc”, pubblicato sulla rivista   Novyj Mir, diretta da Tvardovski,, nel novembre 1962. 
 Era  la vita quotidiana    di un prigioniero del gulag, una vera pagina di storia, che rese l’autore  celebre in tutto il mondo.  E Camus lo  aveva letto.  Ma  invece non  conosceva   “ I racconti della Kolyma” ,  di Varham Shalamov , ( scritti tra il 1953 e il 1973),  pubblicati in Francia  tra il  1980  e 1982, con prefazione di Sinjavski . In Italia  da Einaudi, Torino 1999.

 Shalamov  era stato arrestato nel 1937, e poi condannato per attività rivoluzionaria trozkista a 5 anni  di reclusione in un gulag siberiano, con lavori pesanti, in base all’art. 58 della Costituzione.  Passò da un lagher a un altro e ne uscì solo nel 1953.  Venne riabilitato nel 1956, per non aver commesso il fatto.  Quell’anno aveva scritto una lettera a Pasternak:
“ Il fatto fondamentale ,  è che la gente pensa che si possa vivere senza carne, senza zucchero, senza vestiti e senza scarpe, ma anche senza onore, senza coscienza, senza amore, senza dovere.  E’ la corruzione della mente e del cuore.  Tutto viene messo a nudo…. Etica distrutta, morale criminale affermata. Il truffatore irrompe nell’economia e nella politica”.
 In uno dei suoi racconti  segnalava  che  nel lagher di Dzergala in Siberia gli arrestati in base all’articolo 58 venivano addetti  alla carriola.
 In assenza di bulldozer e di escavatrici meccaniche i deportati  dovevano garantire l’estrazione dell’oro. ( Un lavoro gratuito, come quello per l’estrazione del carbone, come al tempo della servitù della gleba).
 I condannati dovevano spingere la carriola fino in cima:   i criminali comuni erano esentati; erano solo i social - traditori  a farla funzionare,  ma, affamati e deperiti com’erano, non ce la facevano e morivano da lei schiacciati come mosche.
 Un cartello del lager diceva: “Il lavoro è una questione d’onore, gloria, valore ed eroismo “ ( op. cit . p.531)
 I racconti della Kolima  furono pubblicati da varie riviste sovietiche,  ma solo alla fine  degli anni ’80. Shalamov era morto nel 1982.
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Un altro libro che Camus certamente non conosceva, non pubblicato perché confiscato dal KGB, era “Vita e destino” di Vassili Grossman.  Malgrado il rapporto Krustciov e la denuncia dei crimini di Stalin, era stato consigliato all’autore di consegnarlo  al Comitato centrale: era un libro troppo pericoloso, quindi rimase chiuso negli archivi del KGB.  Venne pubblicato in Francia nel  1983,  ma era rimasto sconosciuto nell’Urss.
Grossman  era stato  corrispondente militare a Stalingrado, poi aveva seguito l’Armata rossa fino a Berlino, fino al lagher di Treblinka,  ed era rimasto sconvolto  dalla perfetta somiglianza dell’universo concentrazionario tedesco e di quello russo, anche se nei gulag non c’erano le camere a gas.
 In Ucraina dopo il loro attacco all’Urss, i tedeschi avevano organizzato  un lagher  e Liss, l’S.S  a capo del campo  aveva chiamato un recluso, il bolscevico  Mastovskoj , ma  invece di interrogarlo, aveva iniziato una conversazione :
“ Noi siamo un gioco di specchi. Il nazionalismo  è la vera grande forza  del XX° secolo, e voi, col socialismo in un solo paese avete realizzato  la suprema espressione del nazionalismo”. ( op. cit.  p.378)
 Ma anche se Camus non aveva potuto leggerlo  è singolare che  “L’homme révolté”  e “Vie et destin”  giungano alla stessa conclusione:
“Ci sono due forze nell’animo umano  - dice Grossman –
lo spirito di sottomissione  che spinge ad accettare pedissequamente  la propria realtà ( come gli ebrei che scavavano  la propria fossa, come pure di molti sovietici,  che al tempo delle purghe confessavano  tutto).
 Ma esiste anche lo spirito della libertà, che spinge alla rivolta, come è accaduto nel ghetto di Varsavia, nel campo di Treblinka, o a Berlino nel 1953 , dopo la morte di Stalin, con la ribellione degli operai per la libertà di sciopero, per ottenere  un salario migliore e orari di lavoro possibili, o come a Budapest nel 1956.  L’aspirazione della natura umana alla libertà è invincibile:  può essere soffocata  ma non annientata. Questa è la luce del nostro tempo, la luce dell’avvenire.  ( Op.cit. cap.49,  p.200)

E Camus  afferma: “ In periodo di rivoluzione o di guerra, su 10 artisti  ce ne è uno che sopravvive,  e giunge a trovare  nella vita il tempo della  passione e della creazione.
 L’arte in rivolta  finisce  per rivelare il “noi siamo” e il cammino della libertà. Una morale non sottomessa e fedele.
 Viene un giorno in cui la rivoluzione ha bisogno della bellezza, una virtù viva che fonda  la comune dignità del mondo e dell’uomo .
 (A.Camus. “ L’homme révolté “, Gallimard. Parigi 1951, pp.329-331)

mercoledì 5 novembre 2014

Avventure da magistrati

Quando  “GIGI A’ MANETTA” è stato  eletto sindaco a Napoli gli avevo scritto una lettera dicendogli che ero molto  contenta perché sicura che avrebbe cominciato a risolvere i  problemi della città, e mi aveva gentilmente risposto ringraziandomi per le felicitazioni.
Avevo ragione. La mondezza in strada non c’è più e sono tornati i turisti.

Mi aveva colpito dell’inchiesta “Whi   not” il fatto  Che il PM non poteva sapere  chi fosse l’interlocutore dell’intercettato da Genchi, se parlamentare o no, e trovavo quindi  assurda l’imputazione di abuso di ufficio. Il fatto poi che lo avessero trasferito ed espropriato dell’inchiesta  in corso, impedendogli di giungere a una conclusione,  mi è parsa una vera vigliaccata. Non voleva dimettersi da sindaco e passeggiava per le vie della città: e il suo ricorso al Tar ha avuto successo. Resta sindaco, perché la condanna non era dovuta a una malversazione nell’enercizio delle sue funzioni amministrative,  e il tribunale  ha sottolineato che la sua elezione è avvenuta prima che fosse promulgata la legge Severino, che sanzionava l’incandidabilità dei condannati, spedendo le carte alla Consulta per  sapere se la legge è incostituzionale. Ha già ottenuto una risposta: se Governo e  il Parlamento dovessero  modificare la legge,  per decreto , eliminando dalla norma  quelli condannati al primo grado di giudizio, e 0per altri motivi diversi da quelli amministrativi,  la Corte sarebbe d’accordo. E’ una proposta del PD.
C’è infatti una bella differenza tra la situazione di De Magistris  e quella di Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva al III° grado,  per frode fiscale:  inoltre  sta già scontando la condanna  ai servizi sociali. Pur avanzando gli stessi argomenti non ha potuto restare al Senato. Milella, nel suo articolo su Repubblica il 30 ottobre ha avuto torto a  parlare di un regalo che De Magistris avrebbe fatto al cavaliere. La sua posizione è ben diversa.
 Ben Tornato Sindaco a Palazzo Marino e auguri per tutti i problemi che restano da risolvere in città